Quando si pronuncia la suprema Corte di Cassazione il caso è definitivamente chiuso. Dopo il processo di primo grado e quello d'appello, la parola fine è arrivata a rendere giustizia a Melania Rea, ennesima vittima di un femminicidio. Dopo i terribili e recenti casi tra i quali quello di Sara di Pietrantonio, bruciata viva dall'ex, arriva una condanna per Salvatore Parolisi, colpevole, ora si può dirlo, di aver uccisonell'aprile del 2011 la moglie di soli 28 anni con 35 coltellate.
Il ricorso alla corte di Strasburgo dei difensori di Parolisi
Notizie come quella del ricorso che gli avvocati Biscotti e Gentile, difensori di Parolisi, hanno dichiarato di voler presentare alla corte europea di Strasburgo, seppur lecita dal punto di vista giuridico, fa certamente discutere.
Questo perché quando si tira in causa Strasburgosi parla di diritti umani. Proprio secondo gli avvocati il processo avrebbe lasciato molti dubbi e incertezze, ed è naturale la volontà di verificare se Parolisi abbia subito un giusto processo. Intanto a Verona si prepara un mega concerto per dire no alla violenza contro le donne.
Melania, una donna che non deve rimanere solo un numero
Seppure le statistiche ci parlano di freddi numeri, soprattutto quando si tratta di femminicidi, i nomi e i volti di queste donne devono rimanere sempre presenti. Si chiamava Melania Rea, ed aveva solo 28 anni. Una vita davanti, stroncata un giorno di aprile di 5 anni fa in un bosco. A far rinvenire il corpo senza vita una telefonata anonima.
Melania aveva una bimba di 18 mesi, rimasta senza mamma e senza papà. La vita della sua mamma le fu portata via dal padre, che secondo la sentenza l'ha aggredita alle spalle infierendo su di lei con un coltello, per poi lasciarla sola a morire.Solo perché Melania contestava al marito le sue infedeltà. Un ennesimo delitto assurdo nato dall'odio verso chi si dovrebbe solo amare e proteggere.
Si chiamava Melania.
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