In tema di accertamenti fiscali ed indagine bancarie, sono cadute alcune presunzioni legali ed è stato depotenziato il redditometro che la magistratura ha dichiarato illegittimo. Infatti secondo la Commissione Tributaria Provinciale di Catania, il redditometro è illegittimo poiché è attuato con decreti ministeriali nulli e illegittimi ( sent. n. 473/13/16.) La sentenza quindi accoglie il ricorso di un contribuente, contro la notifica di avvisi di accertamento Irpef delle Entrate.

I motivi della illegittimità: conseguenze della nullità del redditometro

Il redditometro viene sottoposto a numerose critiche sotto numerosi profili. Da qui la nullità:

  • per difetto di delega
  • per violazione della privacy
  • perché è discriminatorio per impossibilità di fornire la prova contraria

La nullità innanzitutto deriva da carenza e difetto assoluto di attribuzione di poteri. La legge infatti non ha mai attribuito al governo il potere di attuare la materia. Tali decreti quindi sono stati emanati al di fuori della legalità comunitaria e costituzionale.

Un altro motivo d’illegittimità riguarda il fatto dell’ampiezza dei controlli sulle spese che sono riferibili anche ai familiari del contribuente.

Un’altra censura è stata mossa dai giudici della CTR al sindacato su tutte le tipologie di spesa, anche quelle che riguardano aspetti personali, che concernono la vita privata del contribuente. Ne consegue, in tali casi, una limitazione della propria autonomia e una soppressione definitiva di ogni dignità e riservatezza, proprio perché le tabelle dei decreti, stabiliscono che il fisco può accedere ad ogni dettaglio, immagazzinare ogni informazione.

Il redditometro viene considerato anche discriminatorio perché non contempla diversificazioni territoriali tra cittadini che abitano in luoghi differenti in quanto a capacità di spesa. Inoltre è difficile anche l’onere della prova a carico del contribuente che dovrebbe fornire la prova di aver speso di meno di quanto risulta dalle medie dell’Istat.

Ecco perché quindi viene attribuito all'Agenzia un potere che eccede quello previsto dall'art. 14, Cost. non accordato nemmeno all'autorità giudiziaria".I regolamenti infine violano il diritto alla difesa ex art. 24,l’ 38 dpr. 600/1973 e il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Ne consegue che il giudice tributario può disapplicare i decreti che regolano il redditometro con la consequenziale nullità degli atti di accertamenti fondati sugli stessi.

I motivi di illegittimità delle indagini bancarie

Un'altra buona notizia per i contribuenti e liberi professionisti riguarda i versamenti e i prelevamenti, venendo meno la presunzione legale nelle indagini bancarie per tutti i liberi professionisti.

Ne consegue che in caso di indagine bancaria, non scatta alcun accertamento fiscale se il contribuente non riesce a dimostrare la motivazione di una movimentazione sul proprio conto bancario sospetta. La Cassazione con la sentenza n. 16440/16 ha confermato quando disposto nel 2014 dalla Consulta, che ha ritenuto che la presunzione di evasione non vale per i prelievi, estendendo altresì la portata della pronuncia della Corte Costituzionale anche ai versamenti. I prelevamenti, ma anche i versamenti effettuati dal professionista, non sono più sottoposti alla presunzione “di nero”. Qualora l’Agenzia delle Entrate sospetti che dietro ad un versamento e ad un prelievo si nasconda un'evasione fiscale deve provarlo, essendo l’onere della prova a carico della stessa.

La pronuncia ha riguardato un avviso di accertamento di maggiori imposte ai fini IRPEF, IRAP, IVA. L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che alcuni movimenti bancari, effettuati sui conti correnti intestati al contribuente, non trovassero una valida giustificazione nei redditi dichiarati, notificandogli così un avviso di accertamento con la rettifica dell’ulteriore reddito. Con tale pronuncia è quindi venuta meno la presunzione di imputazione sia dei prelevamenti sia dei versamenti operati sui c.c. bancari.