Discorsi a confronto. Sempre parole sono, ma alcune hanno la forze per cogliere maggiormente nel segno, osare e scuotere le coscienze, soprattutto quelle di chi parole dovrebbe farne meno, o per di più limitarsi alle spiegazioni circa le negligenze commesse in un passato che diventa un futuro fatale, dannato, probabilmente evitabile. Quel “non uccide il sisma, ma le opere dell’uomo” è un messaggio forte, pronunciato dal vescovo di Rieti Domenico Pompili nel discorso tenuto durante il rito funebre per le vittime di amatrice, la più colpita dal sisma del 24 agosto.
L'Aquila 2009 - Amatrice 2016: parole a confronto
In confronto, le parole del Cardinale Bertone, quando pronunciò l’omelia ai funerali delle vittime del terremoto in Abruzzo del 2009, furono meno incisive, più retoriche e circoscritte alle classiche allegorie della speranza e del dolore. L’allora Papa Benedetto XVI parlò invece di “immane tragedia”, ma niente di memorabile, oltre le circostanze. Peraltro, i lavori per la ricostruzione della cattedrale de L’Aquila sono fermi a causa di giochi di potere tra la Curia locale e gli enti pubblici; la conseguenza è che lo Stato ha ritirato i 10 milioni di euro stanziati per il cantiere.
Ad Amatrice, invece, qualcuno è andato oltre, pronunciando frasi riprese dai media di tutto il mondo e che, ad esempio, l’Huffington Post ha equiparato a una scossa, ma non sismica, bensì “morale” e “politica”, oltre che “verbale”.
L’omelia del vescovo Pompilisi è apertacon la lettura dei nomi delle 242 vittime della provincia di Rieti (231 di Amatrice, 11 di Accumuli), mentre 28 bare e oltre duemila persone erano presenti; tra di loro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente del consiglio Matteo Renzi. Accolti timidamente e poi di nuovo ammoniti indirettamente nella funzione del vescovo, che invita alla “mitezza”, qualità “distante dalla muscolare ingenuità di chi promette tutto all’istante”.
A buon intenditor poche parole, ma saranno abbastanza?
L'indagine sulla scuola di Amatrice
Ci sono 292 vittime da rispettare, oltre a 2.925 sfollati (tra Lazio, Umbria e Marche) che sperano in una ricostruzione efficace, sicura e onesta. Non come fatto con la scuola “Romolo Capranica” di Amatrice, sulla quale si è aperta un’indagine su un appalto del 2012 (da 160mila euro) assegnato per il miglioramento antisismico dell’edificio, ma che non sarebbe stato eseguito perché il Comune non avrebbe fatto esplicita richiesta per questo genere di intervento.
Per questo motivo, l’amministrazione locale e la ditta assegnataria dei lavori sono sotto inchiesta e bisognerà capire dove ricadono le responsabilità. Essendo chiusa per il periodo estivo, la scuola non ha causato morti innocenti, pur crollando in parte e per questo finita al centro di un’indagine, dato che la sua ristrutturazione è recente ed è stata realizzata in tempi record, peraltro sventolando adeguamenti circa la vulnerabilità sismica, che in realtà non risultato nei fatti. Solo a parole, anche quella volta pronunciate male: da chi e perché lo si dovrà capire, ma intanto l’Italia riempie un’altra pagina di storia da dimenticare. E mentre altre carte di appalti risalgono dalle macerie della cittadina distrutta, il dolore fa pari con la vergogna. Un’omelia cosa può? Se il potere spirituale dialoga con quello temporale, che sia da monito ed esempio di parole non dette invano. Questo può.