Politicamente è una figura controversa. Vladimir Putin guida la Russia da 17 anni anche se, di fatto, non è stato presidente dal 2008 al 2012 quando alla massima carica di Mosca salì il suo "delfino", Dimitrij Medvedev che in realtà seguiva fedelmente i suoi dettami (lui rivestiva il ruolo di Primo Ministro, ndr). Se guardiamo alla storia post-zarista del Paese, soltanto Stalin e Breznev hanno tenuto più a lungo le redini della Nazione più grande del mondo. Secondo i contestatori è solito operare con metodi molto simili ai due citati segretari della vecchia URSS.
Il suo governo è stato accusato di violare ripetutamente i diritti umani e di limitare la libertà di stampa e di espressione. Ma l'ex tenente-colonnello del KGB ha anche tanti estimatori sparsi per il globo: Putin è un leader autoritario, conservatore e potente, secondo Forbes è attualmente l'uomo più potente del mondo. Non sappiamo quanto sia vero ma sotto il profilo politico potrebbe diventarlo presto.
In Siria si gioca una 'partita' fondamentale
Iran e Siria sono gli Stati che garantiscono ormai da decenni una certa influenza russa in Medio Oriente. Il motivo che ha spinto Putin all'intervento militare in Siria al fianco del regime di Bashar al-Assad è proprio quello di evitare la capitolazione di un fedele e prezioso alleato.
L'esercito regolare siriano, supportato dall'aviazione russa e rafforzato dai Pasdaran iraniani e dalle milizie Hezbollah, ha cambiato le sorti della guerra civile ed ha anche ottenuto i risultati più importanti contro lo spettro jihadista. Il governo russo ha fretta dichiudere il "problema Isis" e per questo è disposto a scendere a compromessi con gli Stati Uniti per poi discutere la questione siriana.
Putin ha dato il suo beneplacito allo svolgimento di elezioni democratiche nel Paese, a patto che sia concesso anche all'attuale leader di prendervi parte ed è questo lo scoglio sul quale, finora, sbatte la Casa Bianca. Sul fronte americano infatti c'è il timore, molto fondato, che Assad possa stravincere alle urne visto che buona parte del popolo siriano lo considera un "eroe della guerra al terrorismo", a dispetto di un'opposizionela cui origine è poco chiara e che annovera tra le sue file anche esponenti dell'Islam radicale.
La vittoria di Assad sarebbe un vero trionfo per Putin.
Gli occhi di Mosca sono puntati su Washington
Intanto è arrivata la dura risposta di Mosca alle gravi accuse di spionaggio informatico mosse dalla candidata alla presidenza degli Stati Uniti, Hillary Clinton, secondo la quale c'è effettivamente la Russia dietro al furto di oltre 19 mila e-mail dall'archivio del Partito Democratico. Il contenuto di tali documenti, pubblicato da Wikileaks, dimostrerebbe che le Primarie democratiche sono state "pilotate" dal vertici del partito. Andrei Krutitskikh, rappresentante speciale del governo russo per la cooperazione internazionale sulla sicurezza informatica, ha definito le parole della Clinton "assolutamente scandalose oltre che un segno di insicurezza".
Probabilmente è esagerato definire Donald Trump, rivale dell'ex first lady nella corsa alla Casa Bianca,una "pedina" di Putin ma se l'imprenditore newyorkese dovesse vincere le elezioni e mettere in atto il promesso "disimpegno" statunitense su molte controversie internazionali, sarebbe manna dal cielo per il Cremlino. A Washington si gioca dunque l'altra partita: a livello internazionale la Russia è nuovamente una superpotenza perché ha saputo approfittare di tutte le lacune della politica estera americana negli ultimi anni dell'amministrazione Obama. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sembrano pertanto di fondamentale importante per ridisegnare il mappamondo dei prossimi anni. Vladimir Putin è oggi un prezioso partner dell'Occidente nella lotta al terrorismo come lo fu Stalin nella guerra ad Hitler ma, oltre questo aspetto, rimane un minaccioso rivale. Una Casa Bianca "distaccata" dalle questioni internazionali gli farebbe guadagnare spazio strategico ovunque.