La nuova guerra fredda è in atto, traspare dalle parole dei leader di Stati Uniti e Russia che ostentano sorrisi, strette di mano e dichiarazioni "morbide" agli organi di stampa. Alla resa dei conti, però, Washington e Mosca restano distanti. Così Barack Obama, nel corso della conferenza stampa conclusiva del G20 che si è tenuto in Cina, l'ultima riunione dei grandi della Terra che lo vedrà nel ruolo di presidente degli Stati Uniti, ha detto a chiare lettere che non ci sarà alcun accordo - almeno per il momento - tra le due superpotenze relativo alla questione siriana.
I punti contrapposti sono sempre gli stessi
"Manca la fiducia", così Obama ha motivato la seconda fumata nera nel giro di poco più di una settimana. L'incontro con Vladimir Putin è infatti avvenuto a meno di dieci giorni di distanzadal summit tra il segretario di stato americano John Kerry, ed il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, ugualmente infruttuoso. Manca la fiducia reciproca, questo è fuori dubbio, ma manca soprattutto un'apertura da ambo le parti nei confronti di quelli che sono gli oggetti del contendere. A conti fatti, l'unico punto comune tra Obama e Putin è la guerra all'Isis. Mosca allarga poi l'obiettivo: la guerra è contro "tutte le organizzazioni terroristiche presenti in Siria" e nel sacco vengono messe anche le milizie ribelli di stampo jihadista, come l'ex Fronte Al Nusra che ha cercato di "ripulire" la sua immagine interrompendo - almeno ufficialmente - i legami con Al Qaeda.
Qui Washington oppone i suoi "distinguo", perché tra queste milizie ci sono i ribelli che combattono tutt'oggi contro il regime di Assad, finanziati ed armati da Paesi della sfera d'influenza statunitense. Ultimo e più importante ostacolo è legato al futuro di Bashar al-Assad. Obama non vuol sentir ragioni e sostiene che "non ha un futuro".
Putin difende a spada tratta il prezioso alleato e non intende mollare, soprattutto adesso che anche la Turchia ne ha riconosciuto la leadership "almeno in questa fase di transizione", evidenziando però che dovrà farsi da parte una volta pacificato il Paese. Secondo la visione di Mosca, Erdogan potrebbe inghiottire la pillola della continuità del regime, specie se addolcita dallo scongiurato "pericolo" della creazione di uno Stato indipendente curdo al confine tra Turchia e Siria.
Un'eventualità che Ankara sta cercando di cancellare con l'intervento militare direttonel nord della Siria, attualmente in atto. Perdurando questo stato di cose, però, viene meno anche l'unico obiettivo comune. Non ci sarà nessuna intesa militare tra le due coalizioni, quella filostatunitense e quella del regime di Damasco con i suoi alleati, quest'ultima con il supporto russo, che proseguiranno su due fronti l'azione di guerra allo Stato Islamico.
Gelo sulla Crimea
L'altra questione che contrappone Stati Uniti e Russia è legato alla Crimea, regione annessa alla Federazione russa dopo il referendum del 16 marzo 2014 in cui la maggioranza della popolazione ha scelto Mosca. Le Nazioni Unite, la NATO e l'Unione Europea non hanno mai riconosciuto la legittimità della consultazione adottando le relative sanzioni politiche ed economiche nei confronti della Russia.
Ma Putin non sposta di un millimetro la sua posizione. "L'annessione della Crimea da parte della Russia è ormai una questione chiusa - aveva detto, pochi giorni prima del G20 - ed oggi è impossibile tornare indietro anche perché i cittadini hanno scelto così. Le nostre relazioni con gli Stati Uniti sono al momento congelate - ha aggiunto il presidente russo - ed un disgelo potrebbe avvenire soltanto nel caso in cui Washington prenderà in considerazione anche i nostri interessi".