Nessuna tregua umanitaria ad Aleppo, nessuna accordo per un intervento militare congiunto contro l'Isis. Washington e Mosca sono ancora troppo distanti e, nonostante tanto il segretario di stato americano, John Kerry, quanto il ministro degli esteri russo, Sergeij Lavrov, abbiano annunciato in una conferenza stampa che le trattative proseguiranno nei prossimi giorni, ci sono fin troppe divergenze nella visione delle due superpotenze su tutta la questione siriana. Pertanto il dramma dei civili di Aleppo è destinato a proseguire, così come si allungheranno ulteriormente i tempi per giungere alla sconfitta definitiva dell'Isis in Siria.

Il futuro di Assad

Davanti ai rappresentanti della stampa internazionale, Lavrov e Kerry non sono ovviamente entrati nel dettaglio delle questioni discusse a Ginevra, alla presenza dell'inviato delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan De Mistura. Facile intuire dove si è insabbiata qualunque ipotesi di intesa, l'amministrazione Obama non ha spostato di un millimetro la sua posizione relativa al regime di Damasco: Bashar al-Assad non può avere un futuro alla guida del Paese secondo la tesi della Casa Bianca e questo è anche il parere di Hillary Clinton, allo stato attuale favorita per la successione di Barack Obama. L'idea di Vladimir Putin resta quella di consentire al presidente siriano di prendere parte a quelle che saranno le prime elezioni democratiche del suo Paese ma è un rischio che Washington non vuole correre perchè Assad ha notevoli chanches di uscire vincitore dalle urne e per la politica estera statunitense, che continua a dipingerlo come un dittatore sanguinario che ha massacrato il proprio popolo, sarebbe un fallimento su tutta la linea.

Putin da parte sua non ha la minima intenzione di rinunciare ad un fedele e prezioso alleato al quale ha dato supporto logistico e militare nelle campagne contro ribelli e milizie jihadiste. Assad inoltre gode anchedel'appoggio politico della Cina e tanto Mosca quanto Pechino, dunque, si metteranno inevitabilmente di traverso se passa la tesi del Consiglio di sicurezza dell'Onu che ha incolpato per l'ennesima volta il regime siriano di averadoperato armi chimiche in aree abitate dai civili.

Se scattano nuove sanzioni nei confronti di Damasco, qualunque intesa tra Stati Uniti e Russia sarà letteralmente impossibie. Intanto, sul fronte puramente militare, l'esercito regolare siriano ha ottenuto un importantissimo successo con la presa di Daraya dopo quattro anni di assedio. Le milizie ribelli, ormai allo stremo delle forze, hanno concordato la resa con Damasco che ha concesso loro di lasciare la città che si trova a pochi km dalla capitale e di ritirarsi ad Idlib.

Daraya è dunque caduta senza ulteriori spargimenti di sangue: è la nuova tattica del regime che sa benissimo quanto in difficoltà siano i ribelli, quella di proporre l'amnistia a coloro che accetteranno di arrendersi. Una strategia che ad Aleppo non ha però funzionato.

Curdi 'sacrificati' dagli Stati Uniti

Un'altra azione che non è piaciuta a Mosca è stato l'ingresso a nord della Siria dell'esercito turco, da cui è arrivata la conferma di quanto forte sia ancora l'alleanza tra Ankara e Washington nonostante i recenti attriti post-golpe il dialogo aperto tra Recep Erdogan e Vladimir Putin. Pur di mantenere saldo l'appoggio della Turchia, che la Casa Bianca considera fondamentale per mantenere in equilibro l'ago della bilancia internazionale in Medio Oriente, si è arrivati al"sacrificio" dei curdi nonostante le milizie dell'Ypg siano state importantissime nella guerra contro l'Isis nel nord della Siria.

Gli Stati Uniti dovevano scegliere e lo hanno fatto, concedendo ad Erdogan l'allontanamento dei curdi-siriani dalle aree recentemente strappate allo Stato Islamico e scacciando per il momento lo spettro di una pericolosa alleanza tra Ankara e Mosca.