Gli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) di Roma, coordinati dalla Procura di Reggio Calabria, hanno inferto un duro colpo alla 'Ndrangheta, la mafia calabrese.

Nei confronti di A.C., imprenditore reggino considerato appartenente alla 'Ndrangheta, la Guardia di Finanza ha eseguito la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza della durata di 3 anni e la confisca di ben 4 società commerciali, 137 fabbricati, 51 terreni, 26 veicoli e diversi rapporti finanziari, per un valore complessivo di circa 217,5 milioni di euro, tra cui il noto complesso turistico Gioiello del mare”, di Brancaleone (RC).

Queste misure derivano da una complessa e articolata attività investigativa svolta in sinergia dal Nucleo di Polizia Tributaria - G.I.C.O. di Reggio Calabria, dallo S.C.I.C.O. e dal Gruppo di Locri.

Il reddito dichiarato discordante rispetto alla sua ricchezza effettiva

Secondo le indagini sarebbe stata accertata una 'ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato e il patrimonio direttamente o indirettamente a disposizione dell’imprenditore'.

L'attività investigativa si collega alle indagini operazione “Metropolis” condotta dagli stessi finanzieri, a cui la Direzione Distrettuale Antimafia locale aveva delegato specifici accertamenti di natura patrimoniale relativi a diversi personaggi legati alla 'Ndrangheta, tra cui A.C..

Nella stessa operazione, tra l'altro, l'imprenditore fu destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, insieme ad altri, perché fortemente indiziato di diversi reati, tra cui quello di associazione a delinquere di stampo mafioso e delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita, l’incolumità individuale; delitti legati agli stupefacenti, estorsione, usura, furti, riciclaggio, ecc.

L'uso dei proventi delle attività illecite

Secondo gli inquirenti, A.C. avrebbe utilizzato i proventi delle attività criminose per finanziare attività economiche di cui l'associazione mafiosa voleva assumere o mantenere il controllo, anche costituendo nuove società.

Sono state ricostruite e analizzate tutte le operazioni economiche e finanziarie effettuate negli 20 anni imputabili all'imprenditore, ai suoi familiari e alle sue società, individuando anche le fonti fonti illecite della sua ricchezza, considerata decisamente sproporzionata rispetto al reddito dichiarato.

Proprio nel 2016 A.C. ha subito una condanna a anni 10 di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione. Il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, ha quindi disposto nei suoi confronti gli arresti domiciliari con Sorveglianza Speciale di P.S. per la durata di anni 3.

A.C. soggetto socialmente pericoloso

Secondo gli inquirenti l'imprenditore è soggetto socialmente pericoloso, soprattutto per la sua appartenenza mafiosa e per i suoi legami con la potente cosca “Morabito”, la quale usa ricorrere abitualmente a strumenti quali la violenza, l’assoggettamento, l’omertà ed il prestigio per concludere gli affari.

In base a quanto emerso nel corso delle indagini, il Tribunale di Reggio Calabria ha definito le società che fanno capo ad A.C. come 'imprese mafiose'.