La magistratura non ha dato adito ad alcuna interpretazione; è stata emessa una sentenza che lascia alquanto perplessi, soprattutto se contestualizzata nella sempre più imponente emergenza terrorismo: chi istiga al martirio jihadista non compie reato.

Assolti 4 estremisti: nessun reato

Pochi giorni fa, la Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza di assoluzione emessa lo scorso luglio a favore di 4 estremisti (presunti terroristi) islamici. Erano accusati di guidare una rete di proselitismo e incitamento al martirio, operativa tra Puglia e Sicilia, tra i quali il nome di punta è quello dell'imam di Andria, Abu Haronne.

Sono stati assolti perché la giustizia italiana segue un preciso distinguo tra chi invita a morire per la causa di Allah, e chi quell'invito lo trasforma in realtà.

A dare la misura di una sentenza che pare decisamente fuori luogo, è l'incredulità del pool di magistrati dell'antiterrorismo di Bari. A carico degli imputati gravavano prove inconfutabili: esternazioni di giubilo per le chiese italiane rase al suolo dal sisma, inviti ai fedeli per la conversione alla jihad, tracce costanti e rilevanti di ricerche web sul confezionamento di esplosivi artigianali. Nonostante tutte queste evidenze, la Cassazione ha stabilito l'insussistenza di una fattispecie di reato che possa ricondurre il gruppo alla traduzione pratica di quanto professato (via internet e nelle moschee): in soldoni, se il jihadista non compie attentati può comunque diffondere la dottrina della guerra santa.

Mancano i campi di addestramento, ecco perché - si legge nelle motivazioni - è impossibile stabilire con certezza quanto, di quelle parole anti-occidentali, si possa trasporre in fattivo pericolo sociale.

Un giudice sotto scorta, un primo grado finito con una condanna

Il giudice Antonio Diella, che in primo grado aveva condannato i quattro, si è visto costretto a girare sotto scorta.

Tra le motivazioni addotte per quella sentenza, si legge che "Abu Haronne e i suoi si preparavano a diventare strumenti di punizione", e ancora che lo stesso imam di Andria era portavoce di un proselitismo volto a creare nuovi combattenti "pronti a morire in guerra come mujaheddin". Sempre secondo la sentenza di condanna in primo grado, la moschea pugliese con a capo Haronne "non era solo un luogo di preghiera ma anche rifugio per gli appartenenti alla cellula".

Abu Haronne viene assolto da ogni accusa legata al terrorismo islamista, al pari dei 3 finiti nel mirino della Procura di Bari. Un ribaltamento inaspettato, che porta alla cancellazione delle accuse precedenti e all'istituzione di un nuovo processo per "istigazione all'odio razziale". L'imam non sarà presente, in quanto espulso dal suolo italiano con decreto urgente del Viminale.

Per i giudici non c'è terrorismo se l'indottrinamento non è seguito dall'addestramento al martirio. Se gli adepti non vanno nei luoghi di combattimento per imparare le pratiche della guerra santa, non esiste alcun reato. La Cassazione evidenzia, infatti, che nessuno degli imputati si è recato sul "fronte" per apprendere le tecniche della jihad, e nessuno di essi ha mai compiuto attentati. In Italia, si ricorda, è bene fasciarsi la testa, ma sempre e solo dopo averla completamente rotta.