Nel pomeriggio di oggi in Turchia, nella città di Smirne, è stato compiuto un attentato con l’utilizzazione di un'autobomba, avvenuto davanti al palazzo di giustizia. Sono deceduti un impiegato del tribunale ed un poliziotto. Dopo l'esplosione ha fatto seguito un conflitto a fuoco tra la polizia e i terroristi. Due degli attentatori sono rimasti uccisi, mentre un terzo si è dato alla fuga.
Prima ricostruzione
In totale i feriti sono stati 11, tra cui alcuni agenti di polizia.Secondo le prime ricostruzioni la deflagrazione sarebbe avvenuta dinanzi all'ingresso riservato ai giudici del palazzo di giustizia.
La sicurezza turca sarebbe riuscita a mantenere l’azione dei terroristi nel margine esterno al Tribunale di Smirne riuscendo così ad evitare effetti ancora più disastrosi. Dunque, dall'attentato di Capodanno compiuto a Istanbul, sono trascorsi 5 giorni e la Turchia di Erdogan è di nuovo oggetto di attacchi terroristici. Secondo Erol Ayyildiz, attuale governatore della provincia questa volta dietro l’attacco terroristico non c'è l'Isis, ma gli indipendentisti del Pkk(partito Lavoratori del Kurdistan) che avrebbero compiuto l’azione armati di 2 kalashnikov e di 8 bombe a mano.
Turchia esposta
La Turchia è un paese che si trova in una posizione davvero difficile in quanto geograficamente al centro di fortissimi dissidi internazionali.
Il paese può essere considerato una sorta di punto d’ incrocio che vede confrontarsi da una parte l'Iran e dall'altra parte i paesi del Golfo a cui bisogna aggiungere l'intervento militare che si sta consumando in Siria in funzione anti Isis che vede coinvolti in prima linea i Curdi, nota spina nel fianco della Turchia. E non è di grande aiuto la politica repressiva antidemocratica imposta da Erdogan in quanto espone il territorio turco ad attacchi di provenienza diversa.
Una situazione quella turca che rende difficile persino identificare con certezza l'origine dell'attacco subito oggi a Smirne.
La pista asiatica
Addirittura si ipotizza che l'attacco potrebbe essere stato compiuto da una minoranza turcofona islamica che vive in modo particolare nello Xinjiang, territorio della Cina nord-occidentale.
Se la pista asiatica dell'attentato venisse confermata ci troveremmo di fronte ad un nuovo aspetto della guerra jihadista: il coinvolgimento dei territori delle ex repubbliche sovietiche e di alcune Regioni della Cina. Il fenomeno era stato focalizzato da tempo ma comunque molto minimizzato dagli operatori dell'antiterrorismo.