Le autorità statunitensi ce l’hanno fatta: Joaquin Guzmán, detto “El Chapo”, il più importante narcotrafficante del mondo, è stato estradato a New York nel pomeriggio del 19 gennaio. Il capo del cartello di Sinaloa, detenuto nel carcere di massima sicurezza di Ciudad Juarez, era stato oggetto di una mediazione diplomatica tra il Messico e gli Stati Uniti, risolta nel maggio dello scorso anno, dopo che la Corte Suprema aveva rigettato gli appelli dei suoi legali contro l’estradizione. A quel punto era stata data la garanzia che nei confronti del narcotrafficante non sarebbe stata applicata la pena capitale.

Un regalo messicano

Preso in consegna da funzionari americani, nel piccolo aeroporto di Ciudad Juarez, in tempi brevissimi comparirà davanti al tribunale federale di Brooklyn. Al procuratore dovrà rispondere delle incriminazioni di traffico di droga, riciclaggio di denaro, omicidio e sequestro di persona. Secondo alcuni analisti non sarebbe un caso che l’estradizione avvenga a poche ore dal giuramento di Trump. Rumors parlano di un intervento diretto del ministro degli esteri messicano al fine di svelenire i rapporti tra il presidente Peña Nieto ed il nuovo inquilino della Casa Bianca, a proposito della polemica sulla costruzione del muro al confine.

El Chapo, dopo la morte del trafficante colombiano Pablo Escobar, diventava il principale boss tra i cartelli della droga latinoamericani.

Attorno alla sua figura si costruiva la leggenda di uomo inafferrabile. Era una sorta di signore feudale, nel famoso “triangolo d’oro messicano”, l’area del paese che vede confinanti a est, sull’oceano pacifico, lo stato di Sinaloa, nella parte centro settentrionale lo stato di Durango e a ovest quello di Chihuaha, dove Guzmán è nato 62 anni fa.

Nato per fuggire

Esperto di fughe, la sua prima “grande impresa” fu quella di evadere nel 2001 dalla galera di Puente Grande, a Jalisco, dove era stato rinchiuso nel 1993 per scontare una pena di 20 anni: fuggì in un furgone della lavanderia, dopo aver corrotto delle guardie carcerarie. Durante la sua latitanza consolidava un impero criminale, scalava il 41° posto tra gli uomini più ricchi del mondo, smerciando il 30 per cento della cocaina del mercato statunitense.

Nel 2014 veniva arrestato nuovamente, ma rimaneva in galera un anno. Il carcere era quello di El Altiplano. Siamo nel luglio del 2015, ed El Chapo percorre un tunnel sotterraneo di un chilometro e mezzo, dandosi alla macchia. Quello dei tunnel è sempre stata una sua fissazione, la leggenda narra di un canale sotterrano di 443 metri scavato dai suoi uomini che passava da Tijuana e attraversava il confine tra il Messico e gli Stati Uniti per il passaggio della cocaina.

Solo come un film

Una vita da film insomma, tanto che egli stesso si metteva in testa di girarlo, per lasciare le sue gesta ai posteri. Sembra che nel suo secondo periodo di latitanza, contattando personaggi di Hollywood, s’innamorava di un’attrice di soap opera, Kate del Castillo, la quale lo faceva incontrare con l’attore Sean Penn, per una intervista sulla rivista Rolling Stone.

Questo incontro avveniva il 2 ottobre del 2015, nella foresta dello stato di Durango. Così le forze dell’ordine messicane, coadiuvate dai servizi americani, si mettevano sulle sue tracce. Il 16 ottobre le autorità messicane informano di uno scontro a fuoco dove il boss veniva ferito riuscendo però a fuggire. Poi la svolta. Venerdì 8 gennaio 2016, a Los Mochis, una cittadina sotto il suo controllo, gli uomini della marina messicana lo catturano per l’ultima volta.