L'invito ai cittadini a controllare la stabilità della propria casa, e agli enti di effettuare con ingegneri e tecnici le verifiche sulle condizioni di agibilità e staticità di scuole, ospedali e dighe, è stato evidenziato dalla Commissione Grandi Rischi, nella sua relazione per la Protezione Civile. Il Presidente della Commissione Sergio Bertolucci ha espressamente significato che "non ci sono evidenze che la sequenza sismica sia in esaurimento". Anzi, è stato rimarcato che le faglie attive possono produrre terremoti di maggiore pericolosità con elevata magnitudo, anche intorno a 6/7.

Le zone a rischio

La relazione parla del territorio che potrebbe essere interessato dal sisma, individuandolo tra il Monte Vettore ed il Monte Gorzano, in modo particolare il tratto che va da Montereale all'Aquila. Una vasta zona comprendente le regioni dell'Umbria, Lazio, Marche e Abruzzo. La causa del sisma è da ricercare nell'energia accumulata nel sottosuolo, dopo le scosse del 18 gennaio, le cui faglie ancora sotto pressione potrebbero interessare un'area che non ha registrato scosse ma che potrebbe essere stata intaccata, appunto, dalle faglie. Storicamente, questa continua attività sismica con le innumerevoli sequenze che si estendono nelle zone adiacenti, si è verificata nel lontano 1703.

Secondo gli esperti il sisma ebbe una durata di oltre un anno, con alcuni eventi di magnitudo tra 6.5 e 7 che si ripeterono, a breve distanza, l'uno dall'altro. La maggiore preoccupazione, secondo la Commissione, sono le tre grandi dighe, che esistono in quelle zone, una addirittura, con i suoi 14 chilometri quadri, la seconda per grandezza in Europa, dista a soli 10-15 chilometri dagli epicentri delle forti scosse di mercoledì scorso.

Si teme che il sisma possa far cedere le strutture, e la fuoriuscita di acqua creare disastri ambientali molto simili alla tragedia del Vajont.

Nel 2009 relazione del Centro europeo di Ingegneria di Pavia

Solo alcuni anni prima, nel 2009, il Centro europeo di ingegneria di Pavia, aveva condotto degli studi in proposito e mise in guardia i tecnici, dall'eventualità di un tale disastro ambientale.

Insomma, continua incessantemente, l'attività sismica, nelle zone martoriate da agosto scorso, che insieme alle altrettanto impietose condizioni meteo, sta mettendo a dura prova la resistenza e la volontà di quelle popolazioni. Le ultime vicende culminate con la slavina che ha investito l'albergo Rigopiano di Farindola fanno temere il peggio per i rischi connessi all'innalzamento delle temperature e alla gran massa di neve che si è accumulata sui rilievi. Al di là di questa immane tragedia, è necessario monitorare, accuratamente, le località di questi territori, i cui abitanti, day to day, corrono seri pericoli sia per l'inclemenza degli eventi naturali, ma anche per l'incuria e la superficialità dei governanti.