Marguerite Barankitse aveva 16 anni nel 1993 quando l'esplosione dell'odio fra le due etnie Tutsi e Hutu provocò un massacro con 300.000 morti in Rwanda nel corso di una terribile guerra civile. Lei perse 6 componenti della sua famiglia falciati come moltissimi altri da una violenza volta allo sterminio ed incomprensibile in un Paese in cui l'80% degli abitanti si definivano cattolici. Lo scorso 8 marzo Marguerite è stata ricevuta in Vaticano insieme ad altre testimoni di Voice of Faith, ed ha raccontato la sua storia segnata da un genocidio ancora poco conosciuto.

Di etnia Tutsi, seppur giovanissima impegnò le sue forze per salvare dei connazionali Hutu ma, non riuscendovi ed assistendo a nuovi orrori, decise di non avere appartenenze etniche e di essere semplicemente cristiana. Adottò, pur non essendo sposata, 7 bambini e fondò la Maison Shalom a Bujumbura che ha preso in carico da allora 52.000 bambini, moltissimi dei quali orfani, reinserendone nella società più di 11.0000. Oggi per tanti è diventata Maggy, la Madre Teresa d'Africa che vuole portare cultura, sviluppo, pace, nel suo Paese, il Burundi.

Un sogno, la riconciliazione

Al termine della morsa infernale della guerra ai confini con il Rwanda, Marguerite, sulla quale pesa un mandato di arresto internazionale per aver denunciato i crimini del potere, ha il sogno della riconciliazione.

La fotografia di Nelson Mandela è presente nella Maison, quasi a custodire le attività di cura, istruzione, culturali ed economiche che si svolgono al suo interno. Nonostante le enormi difficoltà, il messaggio della non-violenza va avanti e il 17 aprile, lunedì Dell'Angelo di Pasqua 2017, Maggy interverrà alla Burundi Community of Dfw, per ribadire la sua convinzione incrollabile: la fiducia nel prevalere della speranza e della concordia.

Alle donne spetta un compito molto importante, dato che gli uomini in centro Africa sono troppo impegnati nel traffico di droga e di armi e non intendono cedere un predominio politico violento e corrotto. La Barankitse non ha, però, perso determinazione e sorriso ed abbina la pace fra le etnie al miglioramento di tutti gli aspetti della vita, a cominciare da lavoro ed istruzione.

Lo dimostra il fatto che molti giovani della sua struttura di accoglienza sono divenuti ottimi professionisti e, soprattutto, sono guariti dal pregiudizio etnico. Solo questa è la via percorribile che può rendere l'impossibile la misura del possibile.