In una informativa del 9 gennaio scorso, consegnata dai carabinieri ai pm di Roma, Procura dove è confluita l’inchiesta Consip partita da Napoli, i militari dell’Arma si dicono assolutamente convinti che l’imprenditore Alfredo Romeo abbia pagato una tangente in contanti a Tiziano Renzi, il babbo del segretario Pd. Tramite della dazione di denaro sarebbe stato Carlo Russo, il faccendiere amico di famiglia e di pellegrinaggi della famiglia Renzi. Ma i magistrati capitolini, ai quali il fascicolo su Renzi è stato trasferito il 22 dicembre 2016 - scrive Giacomo Amadori sul giornale La Verità - decidono di “passare ai raggi x” il documento, scoprendo così anche il presunto falso ideologico compiuto dal capitano del Noe Gianpaolo Scafarto.
C’è da dire che, in quel momento, la Procura di Napoli, con Henry John Woodcock in testa, affianca i colleghi romani nelle indagini, non essendo ancora stata estromessa. Secondo il giornalista del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, insomma, Woodcock avrebbe autorizzato una perquisizione nella villa dei Renzi a Rignano sull’Arno, allo scopo di trovare denaro contante nascosto sotto una “mattonella” (parola emersa nel corso delle intercettazioni). Ma l’operazione venne stoppata da piazzale Clodio.
L’intercettazione della ‘mattonella’
“Proprio riguardo alla dazione di denaro in contante che il Romeo ha sicuramente effettuato in favore del Tiziano Renzi - mettono nero su bianco i carabinieri il 9 gennaio 2017 - l’imprenditore napoletano si preoccupa di raccomandare che tale somma venga nascosta ‘sotto la mattonella’”.
Ecco le parole esatte pronunciate da Romeo: “…però io perciò avevo pensato che l’unica soluzione è la vecchia soluzione sotto la mattonella…l’unica”. Una semplice metafora, o parole da prendere alla lettera? Gli investigatori sembrano optare decisamente per la seconda ipotesi, perché il passaggio di denaro verrebbe confermato, secondo loro, da un successivo colloquio tra Romeo e Russo, in cui il devoto alla Madonna di Medjugorje, a precisa domanda dell’imprenditore, risponde che Renzi senior “ha apprezzato l’atto”.
Nel prosieguo dell’intercettazione ambientale, Romeo si lamenta apertamente del fatto che i 60 mila euro versati legalmente alla fondazione Open - gestita dall’avvocato Alberto Bianchi, uno dei petali del Giglio Magico, definito un “baccalà” - non gli abbiano fatto ottenere i risultati sperati in favore degli affari della sua azienda.
A questo punto, si lascia andare l’imprenditore attualmente in carcere per corruzione, sarebbe meglio ricorrere al vecchio ma “ottimale” (definizione usata da Russo ndr) metodo della “mattonella”.
È a questo punto che, colpo di scena, i magistrati romani bloccano la richiesta di perquisizione fatta dai carabinieri e approvata dal collega napoletano Woodcock (secondo la versione fornita da Amadori), provocando l’ennesimo attrito tra le due procure. In precedenza, infatti, i romani avevano criticato la decisione di Napoli di mettere sotto controllo il telefono di babbo Renzi, perché accusato del reato ‘lieve’ di traffico di influenze. A conti fatti, dunque, il 1 marzo 2017 ad essere perquisiti saranno solo l’abitazione e l’ufficio di Russo dove gli inquirenti troveranno 13 mila euro in contanti. Denaro proveniente direttamente, secondo loro, dalle tasche di Romeo.