La tensione fra Stati Uniti e Corea del Nord è ormai al culmine: entro la metà di agosto sarà colpita la base statunitense di Guam, un'isola nel Pacifico occidentale che possiede un'enorme base militare composta da circa 6.000 soldati americani, con 4 missili intermedi. Il piano definitivo prevede che i vettori sorvolino lo spazio aereo nipponico delle prefetture di Shimane, Hiroshima e Kochi prima di colpire, appunto, le acque intorno a Guam.

Un po' di storia

L'isola di Guam fu conquistata da Magellano nel 1500 ed è sempre stata strategica. Si tratta di un approdo fondamentale per le rotte che collegano la costa americana occidentale al sud est asiatico ed è strategico per il controllo militare del Pacifico occidentale.

Vi sono tre basi militari statunitensi: la Naval Base Guam, le Andersen Air Force Base e il Joint Region Marianas, oltre ad un sistema di difesa missilistica presente dal 2013 chiamato Terminal High Altitude Area Defence (THAAD).

Minacce fra Trump e Kim Jong Un

All'origine della tensione fra Washington e Pyongyang vi è il desiderio di vendetta della Corea del Nord contro gli Usa per le dure sanzioni Onu, frutto di un complotto degli Stati Uniti per isolare e soffocare la Corea del Nord. Kim Jong Un lancia un monito agli Usa: "Cancelleremo dalla faccia della terra i provocatori che tentano di soffocare il Paese socialista". Il presidente americano, Donald Trump, formula la sua risposta in un tweet affermando che, il suo primo ordine da presidente è stato il rafforzamento dell'arsenale nucleare e, contemporaneamente, si augura di non doverlo mai usare.

Sia Trump sia Moon Jae, in una dichiarazione congiunta rilasciata alla Casa Bianca, affermano che la Corea del Nord rappresenta una seria minaccia non soltanto per gli Stati Uniti, la Corea del Sud e il Giappone, ma anche contro la maggior parte dei Paesi nel mondo. Rex Tillerson, il segretario di stato, cercando di rassicurare e di placare il timore dei suoi connazionali sottolinea che l'escalation di minacce fra Washington e Pyongyang non significa che l'America si stia avvicinando all'opzione militare.

Reazioni degli altri Stati del mondo

Le minacce fra Trump e Kim Jong Un non lasciano indifferenti i capi di Stato degli altri Paesi europei e non. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinesi, Geng Shuang, esorta Stati Uniti e Corea del Nord ad evitare dichiarazioni che possano inasprire ancor di più una situazione già sensibile e complicata.

Il quotidiano del Partito Comunista cinese Global Times ha scritto che Pechino assumerebbe un atteggiamento neutrale se Pyongyang dovesse attaccare gli Usa; se invece Stati Uniti e Corea del Sud tentassero di rovesciare il regime nordcoreano e cambiare la configurazione politica della penisola, la Cina glielo impedirà.

Catherine Ray, la portavoce comunitaria dell'Unione Europea, dichiara che lo scambio di minacce fra il presidente statunitense e il dittatore nordcoreano è fonte di preoccupazione per l'Ue, di conseguenza la "denuclearizzazione deve avvenire tramite mezzi pacifici e non con azioni militari. Il presidente francese, Emmanuel Macron, elogia la determinazione di Donald Trump contro Pyongyang, poiché essa è la caratteristica tipica di ogni presidente americano, il quale rifiuta che parte del suo territorio possa essere colpito da attacchi con missili balistici.

Angela Merkel, in Germania, reputa sbagliata l'escalation delle minacce sostenendo la necessità di un continuo lavoro al Consiglio di Sicurezza Onu, di una stretta collaborazione tra i paesi coinvolti, specie Usa e Cina. La Russia avverte che il rischio di guerra è alto e concreto, perciò rafforza le forze aeree e anti-aeree: la preoccupazione spinge a prendere misure preventive di protezione per il territorio.