Il ministro dell'istruzione italiano Valeria Fedeli ha compiuto un altro fondamentale passo avanti per la realizzazione della cosiddetta “Buona Scuola”. Oltre alle modifiche all'esame di scuola secondaria di I grado, sarà infatti abolito, all'interno dello stesso ciclo di studi, il voto in condotta. Al suo posto? Un giudizio sintetico, non decimale, che possa rappresentare in maniera personale e più dettagliata la situazione disciplinare complessiva dello studente.
Una scuola sempre più permissiva
Il provvedimento appare tuttavia controverso. In Italia infatti le bocciature sono sempre meno, e quella scarsa percentuale spesso era collegata proprio a questioni disciplinari, piuttosto che a carenze nelle materie oggetto di studio.
Uno scarso voto in condotta era segno di un'inappellabile bocciatura per evidenti e gravi carenze da parte dello studente riguardanti le norme della buona educazioni e la capacità di relazionarsi in maniera sana e civile con compagni e docenti. Il giudizio sintetico previsto dalla Fedeli certo è un elemento utile per mettere in evidenza gli aspetti critici e per analizzare in maniera potenzialmente dettagliata i singoli casi, ma la sua incidenza sul destino degli studenti è dubbia. Se prima un accordo tra docenti sul voto di condotta era sinonimo di una severa ma giusta bocciatura, il nuovo metodo di valutazione rischia di avere come effetto collaterale uno scarso rilievo ai fini di una valutazione finale oggettiva e incontrovertibile.
Nuove difficoltà per i docenti
Come di consueto, questo provvedimento sta dividendo l'opinione degli italiani. Da una parte l'addio al voto in condotta viene visto come l'abbandono di una reliquia di un passato desueto e troppo legato a una severità morale e standardizzante nei confronti degli alunni; una diminuzione del potere degli insegnanti in favore di una scuola più libera e paritaria.
Allo stesso tempo però i docenti si troveranno di fronte a un ulteriore indebolimento della loro figura di fronte ai genitori, già sempre pronti a difendere a oltranza i figli anche di fronte ai loro comportamenti indisciplinati e irrispettosi; si corre insomma il rischio che senza uno strumento come quello del voto in condotta, si debba dire addio anche alla disciplina stessa, in favore di un'estrema permissività che chiude un occhio di fronte ad atteggiamenti nocivi e intimidatori nei confronti di docenti e compagni, minimizzando il valore del comportamento nel percorso di studi di un giovane.