A seguito della proposta di inserimento della filosofia negli istituti tecnici della scuola italiana si è alzato un vespaio di polemiche. Ma è davvero così inutile la filosofia?
Il caso di Bill Miller
Il leggendario investitore di hedge fund Bill Miller afferma di avere avuto successo in gran parte perché ha studiato filosofia. Miller, che gestiva un fondo a Legg Mason si è fatto largo nel l'S & P 500 per 15 anni fino al 2005, è stato introdotto per la prima volta alla filosofia mentre si è laureato in economia alla Washington and Lee University nel 1972.
"Avevo scelto un corso di filosofia all'università, ma ho letto molta più filosofia quando ero nell'esercito durante la guerra del Vietnam", dice Miller in una intervista a un noto giornale online. "Ho deciso di iscrivermi a un programma di dottorato di ricerca una volta terminata la mia permanenza nell'esercito."
Miller ha finito per prendere corsi di specializzazione in filosofia come parte di un programma di dottorato presso la Johns Hopkins University. Martedì, la scuola ha detto che Miller stava donando $ 75 milioni al suo dipartimento di filosofia. Significa molto per Miller, che ha fondato il suo fondo di investimento, Miller Value Partners. "Attribuisco molto del mio successo commerciale alla formazione analitica e alle abitudini mentali sviluppate quando ero studente alla Johns Hopkins", afferma Miller.
Oltre agli antichi filosofi greci come Platone e Aristotele Miller apprezza David Hume, Immanuel Kant, William James, John Dewey e Ludwig Wittgenstein.
Anche Marck Cuban
Mentre può sembrare contro intuitivo che un dirigente finanziario attribuisca il suo successo allo studio della filosofia, anche l'investitore tecnologico miliardario Mark Cuban ne vede i benefici.
"Non vorrei essere un CPA in questo momento. Non vorrei essere un contabile in questo momento", dice Cuban, parlando al SXSW di Austin . "Preferirei essere un esperto in filosofia."
L'automazione sta accelerando così rapidamente, sostiene Cuban, che è saggio dedicare tempo a imparare qualcosa che i computer non saranno in grado di replicare.
"Sapendo come pensare e valutarli criticamente da una prospettiva globale, penso che sarà più prezioso di quelle che vediamo oggi come carriere emozionanti che potrebbero essere la programmazione o il CPA o quel tipo di cose", dice Cuban.
Filosofi e il futuro nel mondo del business
Ormai sempre più aziende sia in Italia che all’estero utilizzano laureati in filosofia per la gestione delle risorse umane e lavori di management. Persino Steve Jobs disse “connecting the dots” ovvero “unisci i punti” i filosofi sembrano le persone più indicate per porsi alla guida di team di lavoro, dato la loro versatilità. Un po’ come in un certo senso sosteneva Platone nella Repubblica: filosofi al vertice. Chiaramente Platone dava un visione politica, ma è tuttavia reinterpretabile in chiave aziendale.
Ivano Dionigi, vertice di Almalaurea, riapre il dibattito sugli sbocchi occupazionali dei percorsi umanistici da una parte, e scientifici dall’altra: "Nell’era della conoscenza e delle soft skill ci devono essere animi rinascimentali, figure a trecentosessanta gradi. Gli stessi imprenditori dicono di aver bisogno di persone colte, dotate dell’arte di porre delle domande, non solo di dare risposte immediate. Il manager del futuro deve conoscere la tragedia greca, così come l’ultimo programma tecnologico. Saper esaltare la tecnologia con l’altro sapere è un valore aggiunto".
Forse alla luce di tutto questo la scelta di inserire la filosofia negli istituti tecnici non è poi così sbagliata.