Il recente crollo del prezzo dei Bitcoin ha provocato reazioni allarmate nel mondo finanziario. Se il tetto dei 20.000 dollari raggiunti tre settimane fa ha generato grandi entusiasmi tra gli investitori, la quotazione sotto gli 11.000 dollari raggiunta all'inizio della settimana scorsa ha generato reazioni di segno decisamente opposto. C'è stato poi un rialzo sul finire sempre della settimana scorsa, quando la quotazione ha oscillato tra i 15.000 e i 16.000 dollari, per arrivare poi ai circa 13.000 dollari nelle ultime 24 ore secondo Coinmarketcap.

Le forti oscillazioni del mercato hanno portato la Chicago Mercantile Exchange (CME), la Borsa di Chicago, che aveva lanciato il future su Bitcoin, a sospendere gli scambi per il contratto gennaio della valuta per eccesso di ribasso. L'entrata in scena della CME, come del Chicago Board Options Exchange (Cboe) che pure aveva aperto agli scambi sui futures, aveva reso più allettante il trading sulle criptovalute, data l'autorevolezza delle due borse e la diffusa aspettativa che questo avrebbe portato ad una regolamentazione di un marcato come quelle delle criptovalute dimostratosi piuttosto instabile.

Il crollo di Bitcoin riaccende la polemica

Il forte ribasso riguardante i Bitcoin è stato certamente influenzato dagli attacchi informatici in Corea del Sud, con milioni in Bitcoin hackerati.

Infatti dopo gli attacchi c'è stata subito una perdita del 15% sul prezzo dei Bitcoin. Ma rimane il fatto che, in linea generale, il mercato della criptovaluta registra l'instabilità dei prezzi come sua cifra costitutiva. Janet Yellen, Presidente della Federal Reserve, ha infatti manifestato perplessità riguardo alla volatilità del mercato della criptomoneta ed ha esortato le banche a vigilare su possibili operazioni illecite condotte attraverso la blockchain.

I dubbi espressi dalla Yellen sono stati condivisi anche dalla BCE e dalla Bank of Japan.

Ancora una volta si fa dunque strada l'ipotesi della "bolla" finanziaria. Grant Spencer, numero uno della Banca Centrale Neozelandese ha dichiarato senza mezzi termini, all'indomani del boom dei futures, dunque ancor prima del crollo, che:

"Sembra sempre di più una grande bolla che si sta formando [...] Nel corso dei secoli abbiamo visto il formarsi di bolle e questo sembra il classico esempio [...] le bolle non si sa fino a dove possano arrivare prima di scoppiare”

Tra i nemici dei Bitcoin e degli Altcoin nomi eminenti dell'economia e della finanza mondiale, da Peter Schiff a Jamie Dimon a Warren Buffet, i quali sostengono sostanzialmente che il mercato della moneta digitale sia solo un fenomeno speculativo, caratterizzato da estrema volatilità e che non consente alcun pronostico attendibile, al contrario di quanto avviene, per esempio, per l'oro.

La moneta virtuale è solo un fenomeno speculativo?

Nonostante questi recenti sviluppi, personalità altrettanto importanti hanno confermato la loro fiducia nei confronti della criptomoneta. Bill Miller, ex manager di Legg Mason, sostiene che gli analisti e i grandi investitori criticano aspramente ciò che in realtà non conoscono.

Anche Mike Novogratz, ex manager di Fortress Investment Group ha investito in Bitcoin. Pur concordando con chi sostiene si tratti solo di una bolla, è altresì convinto che si tratta di una bolla che consentirà agli investitori di guadagnare cifre da capogiro proprio perché i prezzi possono lievitare ben oltre il pronosticabile.

Voce fuori dal coro quella di Garrick Hileman, esperto in forze al Centre For Alternative Finance dell'Università di Cambridge, il quale sostiene che:

"In apparenza si tratta di un classico caso di frenesia speculativa.

Ma ci sono segnali che indicano invece che siamo in una nuova era dal punto di vista finanziario e monetario. Quel che conta è la persistenza: Il Bitcoin già in passato ha raggiunto diversi picchi nelle valutazioni per poi collassare. È successo nel 2011 e 2014. Ma è sempre tornato a crescere superando il record precedente. Non è quindi una bolla, perché le bolle una volta esplose in genere non ritornano".

Secondo Hileman la criptovaluta non è propriamente una moneta ma un bene virtuale assimilabile all'oro, e, forse, sintomo di una nuova era per la rete. Hileman è d'accordo con i critici di Bitcoin quando afferma che si tratta di un "ecosistema molto immaturo" che ha bisogno di infrastrutture che lo pongano come mercato finanziario attendibile.

In mancanza di un assestamento del sistema, continua Hileman, è naturale che anche le istituzioni prendano le distanza dalla criptomoneta.

Con queste premesse, c'è da credere che il 2018 sarà un anno molto importante per le criptovalute, sotto lo sguardo attento di analisti ma anche di banche e investitori che sembrano al momento trovarsi ad un bivio: accettare o meno la sfida della moneta digitale. E, in caso negativo, con quali conseguenze? Si può davvero continuare ad operare nel mercato valutario, e non solo, prescindendo da Bitcoin e Altcoin?