Mentre il Kusatsu-Shirane in Giappone sembra avere avuto solo uno scoppio isolato con emissione di notevoli quantità di fumo e lancio si massi costituiti dalla lava solidificata che ricopriva il cratere, e non fa registrare per ora altri segni di attività dopo che la pressione, salita di colpo, ha trovato lo sfogo dell'esplosione, ben diverse sono le cose nelle Filippine.

Come ha comunicato uno dei nostri esperti dell'Istituto Nazionale di Vulcanologia, il caso del Kusatsu-Shirane può essere paragonato ad uno scoppio per un carico esplosivo che, una volta finito l'effetto eclatante, termina semplicemente: infatti, per ora non ci sono state colate di lava o pennacchi che potrebbero far pensare ad una continuazione delle attività.

Un altro vulcano del Giappone, l'Ontake nel 2014 si comportò nello stesso modo, ma allora i morti, tutti turisti (a testimoniare lo scoppio del tutto anomalo e imprevisto) furono ben 70.

Il mayon invece è un vulcano pericolosissimo e le sue esplosioni sono di tutto rispetto: come il passato ha dimostrato, esso può avere due tipi di eruzioni, la prima è quella in corso con intense e veloci colate di lava, enormi quantità di cenere e lapilli che sconvolgono in breve la regione circostante. Ma può anche avere un secondo tipi di Eruzione, cioè quella di tipo esplosivo cioè vesuviana o pliniana che ricorda proprio l'eruzione terrificante che seppellì Pompei, Ercolano e Stabia.

Per ora,comunque il rischio principale è quello che alle colate di lava in corso, si aggiungano le colate di fango misto ad acqua e rocce che travolgano ogni cosa e seppelliscano completamente la regione, colate tipiche dei vulcani asiatici e causate dai monsoni: esse sono i "lahar" e la loro caratteristica è scivolare e travolgere ogni cosa senza speranza.

I Provvedimenti

Per ora su richiesta degli Scienziati, al Governo delle Filippine non è rimasto che alzare il livello di allerta al massimo possibile, il numero 5, mentre il numero delle persone evacuate volontariamente o per obbligo sta toccando quota 60.000.

Prima di tutto, è interessante ricordare perché questo tipo di eruzione si chiami -pliniana-: il nome deriva da quello di Plinio, il grande studioso romano.

Plinio il Giovane o il Vecchio? Tutti e due sono coinvolti nella storia di Pompei e della sua distruzione: Plinio il Vecchio, il grande naturalista e studioso può essere definito uno dei primi martiri della scienza. Egli infatti, era anche comandante della flotta navale romana di stanza a Capo Miseno e da lontano, notò l'enorme pennacchio che improvvisamente si era alzato dal Vesuvio.

Invece di fuggire lontano, ordinò che la flotta si avvicinasse per osservare da vicino il fenomeno e per cercare di soccorrere alcuni amici che sapeva essere nella zona e che pensava potessero essersi rifugiati sulla spiaggia senza possibilità di scappare. Ma, sceso a terra, non volle poi allontanarsi per registrare e osservare fino alla fine quanto stava succedendo davanti a lui e probabilmente, fu ucciso dalle esalazioni di gas velenosi.

Tutto questo noi lo conosciamo perfettamente grazie ad una lettera del nipote, anche lui Plinio, detto però Il Giovane, che registrò ogni cosa: in onore dei due, un'eruzione come quella che avvenne per il Vesuvio nel 79 d.C. viene detta appunto oltre che vesuviana, anche pliniana.

Essa è caratteristica dei cosiddetti "vulcani grigi" che presentano una lava molto densa e poco scorrevole che riempie così il cratere facendo aumentare a dismisura la pressione interna che, alla fine, può portare ad un violento scoppio o, addirittura, al dissolvimento della montagna stessa che si disintegra, provocando danni immensi. Nell'esplosione si formano enormi pennacchi di fumo, caduta intensa di cenere con lapilli e massi anche di grosse dimensioni, con colate di lava che cominciano a scendere copiose, ma la cosa più temuta e di effetto ben più veloce sono i gas emessi che altamente velenosi, uccidono ben prima che arrivi la lava.

Come testimoniano i ritrovamenti di Pompei, Ercolano e Stabia, la maggior parte delle persone scappò verso le spiagge o si rifugiò negli scantinati sperando di poter sopravvivere alla cenere, ma i gas li uccisero.

Tutto fu poi ricoperto dalla cenere e quando arrivò la lava, ricoprì ogni cosa come un incredibile e incandescente sudario: il calore e il tempo decomposero i cadaveri, ma rimase nella massa solidificata il vuoto da essi riempito, come una nicchia, un'impronta di chi era lì. Agli archeologi è bastato riempire di gesso quei vuoti e portare poi alla luce le forme contorte di uomini e donne e bambini, immobilizzati nel gesto estremo di ripararsi la bocca e il naso, gesto comunque inutile.