A Saviano, nel napoletano, un uomo di 36 anni è stato trovato legato al letto da un lato e all’armadio dall’altro, in condizioni di completo degrado e condizioni igieniche estreme.

Il suo unico crimine? Avere una psicosi.

I suoi genitori sono stati arrestati, insieme alla sorella, complice anche lei dei maltrattamenti.

Siamo nel 2018, e questo è ancora il trattamento che alcune persone, colpevoli solo di soffrire di malattie mentali e debilitanti, ricevono alle mani di chi dovrebbe sostenerli e proteggerli.

In fondo non è sorprendente, diverse teorie postulano la necessità di eventi scatenanti e di un ambiente familiare psicopatogeno, nell’insorgenza delle psicosi, ma è comunque sconvolgente pensare alle condizioni in cui alcune persone vivono, mentre dovrebbero essere aiutate e sostenute nel difficile – non si nega – percorso di recupero.

Cos’è la psicosi

La psicosi è una forma grave di disturbo mentale (di cui fa parte la schizofrenia) che altera il pensiero e la percezione della realtà in chi ne soffre. I sintomi prevalenti sono allucinazioni, deliri, disturbi del pensiero, spesso accompagnati da ritiro sociale e difficoltà nella cura di sé. Questo disturbo causa enormi alterazioni nello stile di vita dell’individuo, che si riflettono sulla vita sociale, familiare e lavorativa. Per sviluppare questo disturbo, come la maggior parte dei disturbi mentali, ci vuole una predisposizione genetica (studi indicano che i parenti stretti di chi soffre di psicosi hanno una probabilità superiore alla media di sviluppare lo stesso disturbo) coadiuvata da un ambiente familiare patogeno, con traumi infantili anche minori ma ripetuti.

È una sindrome devastante, per chi ne soffre e per chi soffre con lui. Tuttavia, non è una condanna a morte. Esistono terapie farmacologiche efficaci nella riduzione e, talvolta, nella remissione dei sintomi, anche se una guarigione completa non è sperabile. La psicoterapia è ugualmente fondamentale per il controllo del disturbo, per aiutare il paziente a trovare un supporto esterno a cui ancorare la propria percezione della realtà.

Come in tutti i disturbi, psichiatrici e non, la prognosi è decisamente migliore quando si prende il disturbo al suo esordio – quando, quindi, i sintomi non sono ancora esplosi.

Come riconoscere l’esordio psicotico

I primi segnali di un esordio psicotico sono subdoli, ma non impossibili da captare, anche per un occhio poco esperto: una persona (spesso giovani adulti fra i 20 e i 30 anni) comincia, in un breve periodo, a isolarsi; il suo umore è spesso depresso, ansioso e/o teso.

Compaiono comportamenti o discorsi caratterizzati da sospetto, o da connessioni logiche poco chiare; difficoltà a concentrarsi e a mantenere l’attenzione, idee bizzarre, percezione di sé e degli altri distorta, perdita di energie. Iniziano a comparire alterazioni del ritmo sonno-veglia. L’uso di sostanze, specialmente in adolescenza, è correlato con una maggiore incidenza di questi sintomi e, successivamente, di questo disturbo. Non necessariamente c’è una causalità lineare, è possibile che l’uso di sostanze sia, in alcuni casi, una forma di auto-cura in soggetti che percepiscono l’incombenza del disturbo, a cui non sanno dare un nome.

Conclusione

La psicosi, certo, è una malattia che spaventa.

Chi ne soffre è imprevedibile nei comportamenti perché sfugge alle inferenze logiche che noi facciamo in ogni momento: gli psicotici vivono in un mondo proprio, con regole e caratteristiche diverse dalla nostra realtà. Ma gli psicotici non sono pericolosi per definizione, sono piuttosto individui che sono sottoposti a una profonda sofferenza, costantemente. Persone che possono stare meglio ed essere tirati fuori dall’inferno che diventa la loro mente, se solo la società e chi sta loro intorno glielo consente.

Non esiste ragione per relegare in casa, in condizioni disumane, chi già soffre per un’angoscia incontenibile. L’unica possibilità è dare loro l’aiuto, psicoterapeutico e farmacologico, di cui hanno bisogno.

È tuttavia importante prevenire, ancora prima che curare. È importante rendersi conto dei cambiamenti a cui vanno incontro le persone che ci stanno intorno, informarsi e non aver paura di parlare delle malattie mentali, della psicosi, perché è solo parlandone, aprendo un dialogo, che si può evitare a questi individui di aprire le porte del proprio inferno personale.