"Mi aspetto che lo stato italiano adesso faccia giustizia: con il permesso di soggiorno scaduto, cosa fa ancora in Italia?". Alessandra Verni non ha neanche lacrime talmente è straziata. Ha una pacatezza irreale nel commentare ai microfoni dei programmi tv che in questi giorni la interpellano, l'impensabile, oltre l'orrore, ciò che è accaduto a sua figlia Pamela Mastropietro. Una 18enne che una settimana fa è scappata dalla comunità terapeutica "Pars" di Corridonia e due giorni dopo era morta, fatta a pezzi, occultata in due trolley lasciati sul ciglio di una strada.
Il suo presunto assassino, il pusher 29enne nigeriano Innocent Oseghale, ha il permesso di soggiorno scaduto da un anno e precedenti per spaccio. Eppure continuava ad abitare in via Spalato 124 a Macerata nell'abitazione dove, forse con la complicità di un connazionale, pusher come lui, ha sezionato il corpo della povera ragazza cospargendolo di candeggina per cancellare prove. E proprio in mancanza di elementi certi, il nigeriano rinchiuso nel carcere anconetano di Montacuto, al momento risponde 'solo' di occultamento e vilipendio di cadavere. Non di omicidio. Ieri sera a Macerata c'è stata una fiaccolata. In prima fila mamma Alessandra e papà Stefano.
A marzo doveva tornare a casa
"La morte di mia figlia si poteva evitare", dice Alessandra Verni.
"Che ci fa in Italia quel tipo? In un appartamento a spacciare tranquillamente". Lei nel suo appartamento romano dal quale la figlia è andata via lo scorso 18 ottobre per non tornare mai più, invece, deve convivere con un dolore ingestibile, malgrado il contegno e la civiltà dimostrati, e con domande a cui lo stato non ha dato risposta.
Nella camera di Pamela, mamma Alessandra mostra un pannello pieno di foto di lei con sua figlia. Le scambiavano per sorelle. Perché Alessandra è una mamma giovanissima, appena 38enne: aveva avuto Pamela che era una 20enne, e tra loro c'era grande complicità. La bacheca con tante foto l'avevano allestita insieme in un giorno scanzonato, in attesa della vita nuova che sarebbe arrivata.
Su un tavolo tra tanti peluche, c'è la foto dei 18 anni di Pamela festeggiati il 23 agosto scorso nel reparto "Spdc" dell'ospedale San Giovanni di Roma, quella con il ragazzo prima dell'ingresso in comunità, e una di lei a cavallo, sport che amava. Suo nonno Gennaro le aveva ritinteggiato le pareti della stanza aspettando il 4 marzo quando Pamela sarebbe dovuta uscire dalla comunità terapeutica per andare a votare e far ritorno a casa. Nella spirale negativa era finita lo scorso marzo dopo aver conosciuto un ragazzo sbagliato che l'aveva spinta a drogarsi, ed era stato poi allontanato e denunciato dai familiari. Mamma Alessandra racconta che Pamela stava riprendendo in mano la sua vita con l'attuale fidanzato e voleva studiare da criminologa.
Nella stanza messa a nuovo, sarà allestita la sua camera ardente in vista dei funerali, appena quel che resta del suo corpo, eseguiti gli esami tossicologici, sarà restituito dalla procura di Macerata alla famiglia.
Una luce per Pamela
Ieri sera Alessandra Verni con il papà di Pamela, Stefano Mastropietro, e lo zio Marco Valerio Verni, legale della famiglia hanno partecipato alla fiaccolata con circa 200 persone sotto la pioggia. Si sono dati appuntamento ai giardini Diaz, gli stessi dove Pamela ha incontrato il pusher nigeriano per non fare più ritorno. I luoghi degli spacciatori extracomunitari in cui sabato scorso il 28enne Luca Traini ha sparato all'impazzata, a suo dire per "vendicare" la ragazza che non conosceva, ferendo sei africani.
Hanno sfilato striscioni con scritto "Luce per Pamela", "Stop alla violenza". Mamma Alessandra ha espresso la volontà di fondare un'associazione no profit per aiutare ragazzi in difficoltà. Come sua figlia, la cui morte poteva essere evitata.