Improvvisamente il mondo del calcio si ricorda della 'marmelada'. Josè Velasquez, centrocampista della Nazionale peruviana ai Mondiali argentini del 1978, ha confermato, intervistato da un quotidiano del suo Paese (Trome, ndr), che il match Argentina-Perù giocato a Rosario il 21 giugno 1978 e vinto 6-0 dalla squadra di casa era combinato. Così il mondo ha appena scoperto l'acqua calda ed anche la stampa italiana ha regalato un discreto spazio al caso, arricchito da queste nuove dichiarazioni, puntando il dito sul 'Mondiale della vergogna'. In realtà quel Mondiale che dal punto di vista tecnico è da annoverare tra i migliori dell'ultimo mezzo secolo, non fu certamente più 'vergognoso' di altri, se vogliamo usare questo termine.

Nella lunga storia della Coppa del Mondo i casi di 'biscotti' o di arbitraggi palesemente 'a senso unico' sono parecchi. Negli ultimi 40 anni, però, si sono moltiplicati i libri-inchiesta su 'Argentina '78' ed è stato come sparare sulla croce rossa. In Argentina c'era una feroce dittatura militare i cui crimini contro l'umanità sono ben noti. Il Mondiale rientrava in una prepotente macchina propagandistica per cui la squadra di casa era 'condannata a vincere'. La questione però è molto più complessa di quanto possa sembrare e traspare già dalle dichiarazioni di Velasquez.

I protagonisti della 'marmelada'

Nel racconto di Velasquez non stupisce più di tanto il coinvolgimento di altri giocatori oltre al portiere Ramon Quiroga.

Argentino naturalizzato peruviano, estremo difensore di alto livello, a causa della sua palese indolenza nel match di Rosario fu un bersaglio fin troppo facile della critica. Quiroga alla fine fu un paravento, colpevole si, ma insieme ad altri compagni di squadra. Il calcio resta uno sport di squadra e rivedendo quel match è piuttosto evidente l'atteggiamento di alcuni giocatori chiave del Perù, al di là di un portiere fin troppo 'distratto'.

Quella allenata da Marcos Calderon era una gran bella squadra, tecnica e battagliera: solo tre anni prima si era laureata campione del Sudamerica ed al primo turno dei Mondiali 1978 aveva vinto il proprio girone precedendo la futura finalista Olanda. Nel secondo turno, già eliminata dopo le sconfitte con Brasile e Polonia prima del match contro i padroni di casa, era certamente preda di un vistoso calo, ma non al punto di essere travolta in quel modo da Kempes e compagni.

Quiroga ebbe dei complici nella 'marmelada' e Velasquez ha fatto quasi tutti i nomi: ha citato Quiroga, ma anche Rodulfo Manzo, Raul Gorriti e Juan Josè Munante e ne ha censurati volontariamente altri due. "Sono due giocatori famosi - ha sottolineato - e se parlassi rovinerei le loro carriere". Ma non è questo che ci colpisce nel suo racconto.

Un affare di Stato

Velsquez ha descritto l'ingresso negli spogliatoi della sua squadra, prima del calcio d'inizio, del dittatore argentino Rafael Videla in persona, addirittura in compagnia dell'ex segretario di stato americano, Henry Kissinger. Videla nella circostanza avrebbe sottolineato gli ottimi rapporti tra Argentina e Perù, un chiaro invito ad avere un 'atteggiamento morbido', ma conoscendolo era praticamente una minaccia.

Quanto alla presenza addirittura di un ex capo della diplomazia degli Stati Uniti d'America, ciò non ci sorprende. L'appoggio nemmeno tanto velato che l'amministrazione della Casa Bianca diede negli anni '70 alle peggiori dittature sudamericane è storia, testimoniata da centinaia di documenti e da successivi procedimenti penali. Stiamo parlando dell'Operazione 'Condor', quando nel 1975 i capi dei servizi segreti di cinque nazioni sudamericane, Argentina, Cile, Uruguay, Bolivia e Paraguay, si riunirono pianificando un'azione repressiva nei confronti della crescente ideologia marxista nei rispettivi Paesi (il Perù partecipò in un secondo momento). Il golpe argentino del 1976 fu il colpo di martello più forte verso quella che veniva considerata una 'pericolosa deriva politica'.

Gli USA diedero il loro supporto, il loro obiettivo in piena Guerra Fredda era quello di eliminare qualunque sacca tendente verso ideologie socialcomuniste dalla faccia del pianeta. Ci sono testimonianze di un incontro tra Kissinger ed il ministro degli esteri argentino, Cesar Augusto Guazzetti, pochi mesi dopo il colpo di Stato. Nella circostanza l'allora segretario di Stato americano ribadì il suo appoggio nonostante gli fossero stati forniti, in precedenza, particolari sui metodi che la dittatura argentina utilizzava nei confronti degli oppositori o presunti tali. Consapevole del polverone che si sarebbe sollevato a livello internazionale, Kissinger suggerì all'omologo argentino di 'fare in fretta' e, in effetti, l'invito sarebbe stato tradotto in circa 30.000 desaparecidos, 20.000 condanne a morte ed oltre 500 bambini sottratti alle madri detenute e poi giustiziate che vennero adottati con altri nomi da famiglie vicine al regime.

L'importanza del Mondiale

Kissinger nel 1978 non ricopriva più alcun incarico nell'amministrazione USA del democratico Jimmy Carter che, ad onor del vero, cercò di prendere le distanze dalle dittature militari sudamericane, ma la sua vicinanza a Videla ed agli altri leader militari del continente era sempre forte. Alla luce di un'attenzione internazionale che si stava concentrando inevitabilmente su ciò che accadeva in Argentina, il Mondiale fu un'occasione unica per Rafael Videla e la sua giunta di spostare i monitor su altri argomenti. Nel 1978 la crisi economica investiva il Paese, il malcontento e la rabbia di persone costrette a stare con la testa sotto la sabbia era in crescendo, nel mondo si iniziava a parlare delle crudeltà del regime.

La necessità della giunta militare era dunque quella di fornire al popolo un'occasione per essere ancora orgoglioso della propria patria e quale miglior circostanza di un Mondiale di calcio e di una coppa che l'Argentina, nonostante la grande tradizione 'pedatoria', non aveva mai sollevato. Motivo per cui l'Albiceleste doveva battere a tutti i costi il Perù e fare meglio del Brasile che, altrimenti, sarebbe andato in finale. La questione venne attentamente pianificata: l'orario della partita venne spostato in modo da essere a conoscenza del risultato dei rivali (il Brasile che avrebbe affrontato e sconfitto la Polonia) e potersi regolare di conseguenza. Per passare il turno gli uomini di Luis Menotti, alla luce di una peggiore differenza reti nei confronti dei verdeoro, avrebbero dovuto vincere con almeno quattro gol di scarto.

La combine, secondo il racconto di Velasquez, sarebbe stata pianificata in un incontro tra i due capi di Stato, Videla ed il generale peruviano Francisco Morales Bermudez (condannato all'ergastolo lo scorso anno nell'ambito dell'ultimo processo sull'Operazione Condor, ndr) e, successivamente, sarebbero stati coinvolti gli staff tecnici ed alcuni giocatori delle due squadre, tra cui i nazionali peruviani citati. Alla fine l'Argentina sarebbe andata in finale e, sconfiggendo l'Olanda, avrebbe avuto il suo Mondiale: la 'sbornia' di una grande gioia avrebbe stordito una popolazione frastornata e confusa ed avrebbe consentito alla dittatura di andare avanti per un altro lustro. Nel 1982 un regime ormai marcio ed agonizzante cercherà nella Guerra delle Falkland contro la Gran Bretagna un ultimo appiglio per risvegliare l'orgoglio nazionale di un Paese ferito, ma l'Argentina avrebbe perso quel breve conflitto e per la giunta militare sarebbe stato l'inizio della fine.

Conoscere la Storia prima di esprimere giudizi

A 40 anni di distanza è facile esprimere giudizi. Calciatori corrotti, titolo mondiale da revocare, Mondiale della vergogna, sono i termini più in voga quando si parla di Argentina '78. Certamente i calciatori peruviani citati da Velasquez si sono lasciati corrompere e parecchi, tra i giocatori della Nazionale di casa, erano a conoscenza della combine, ma alla luce di ciò che ci stava dietro avevano davvero alternative al loro comportamento? Molti citano l'esempio di Jorge Carrascosa, ex capitano dell'Argentina che aveva lasciato la Nazionale prima del Mondiale perché non voleva diventare uno strumento di propaganda del regime. Un grande esempio di coraggio, una scelta non semplice, un uomo da ammirare.

Ma a quel punto del torneo era praticamente impossibile tirarsi indietro per coloro che sarebbero scesi in campo a Rosario. Molti di loro vivono oggi con 'il rimorso di aver infangato la patria', dice Velasquez, e forse è una punizione sufficiente. Oggi è facile dire che quel Mondiale non andava giocato in un Paese governato da una feroce dittatura, ma l'assegnazione era stata fatta prima del golpe. Quanto alla nitidezza della FIFA sulla scelta delle sedi della Coppa del Mondo ci sarebbe da aprire un altro capitolo poco onorevole, come hanno dimostrato inchieste anche recenti. Riteniamo che la vicenda vada letta nella sua interezza e nel momento in cui si punta il dito sui diretti interessati, certamente non vanno assolti, ma va compreso anche il contesto generale in cui si svolsero i fatti.

I Mondiali nella loro storia hanno avuto tanti episodi discussi e discutibili, ma Argentina-Perù del 1978 è un capitolo a parte perché non riguarda solo una manifestazione sportiva, ma c'è dietro la pagina di storia più nera di un intero continente.