La televisione, come strumento di comunicazione, influenza il nostro comportamento e le nostre opinioni. Fin da quando è entrata nelle case di tutti, i maggiori pensatori hanno iniziato ad avvertire sui problemi che questo apparecchio può produrre se utilizzato in maniera scorretta. Il maggior problema che nasce da un utilizzo acritico dalla TV è quello della distorsione della realtà; ciò non avviene, come si potrebbe pensare, solo nei teenagers o nei bambini, ma anche in molte persone adulte che utilizzano frequentemente questo strumento.

I ricercatori dell’Università di Cincinnati, guidati da professori di sociologia, hanno raccolto un campione di 64 donne incinte di differente status sociale, livello d’educazione e background etnico per comprendere la percentuale d’incidenza dei programmi televisivi sulle aspettative di gravidanza e nascita.

Lo studio, basato semplicemente su dei questionari da compilare, ha portato alla luce che la maggior parte delle intervistate aveva delle conoscenze riguardanti il parto e la nascita completamente erronee; tutto ciò causato dalla visione ripetuta di film o serie TV sull’argomento che portavano inconsciamente le telespettatrici a formulare determinate idee.

Le neuroscienze della televisione

Dopo numerosi studi neurologici condotti su pazienti che si intrattenevano davanti a questa “scatola magica” si è notato che in soltanto un minuto il nostro cervello passa dalla produzione di onde beta alla produzione di onde alpha. Le prime sono quelle che si formano quando il nostro cervello è attivo e pronto all’esecuzione, le seconde, invece, rappresentato uno stato quasi ipnotico, di fantasticheria, dove le operazioni logiche, le associazioni e la creatività vengono limitate.

È lo stesso stato in cui cadiamo, ad esempio, quando ci incantiamo su qualcosa, una sorta di apnea intellettiva. In questo stato psichico la nostra mente è molto più malleabile e manipolabile, lo sa molto bene chi si occupa di pubblicità: è molto più semplice vendere a degli zombie.

La sindrome da Gomorra

Popper ci aveva avvertiti: se non regoliamo la trasmissione della violenza in televisione rischiamo di allevare una generazione di assassini.

Basta analizzare qualche strage ad opera di teenagers avvenuta negli Stati Uniti, come Paducah, Peral, Stamps (e potrei continuare), per capire che i carnefici avevano preso spunto dalla televisione o comunque da videogiochi violenti. Anche attualmente sono numerosi i programmi che c’entrano tutta il loro intrattenimento su una continua produzione di brutalità (Gomorra, Il Trono di spade…), e questa esposizione non è certo benevola, anzi può generale un disturbo mentale paragonabile a un disturbo post-traumatico da stress.

Il termine “sindrome da Gomorra” è stato coniato dallo psichiatra italiano Michele Cucci: "La condivisione delle immagini più crude, le serie tv e i talk show che trasformano in usanza il ricorso alla prevaricazione e all'aggressività nella dinamica interpersonale, può provocare la cosiddetta sindrome da Gomorra che influenza il nostro cervello emotivo". Sono un’enormità gli studi che confermano la relazione tra trasmissioni violente e aumento della violenza, e non solo nei giovani; ciò succede proprio perché la televisione è uno strumento educativo, che piaccia o no, tanto quanto lo è la scuola, la famiglia e i pari, ed è importante quindi filtrare in modo critico ciò che guardiamo quando ci mettiamo al servizio di questa ladra di tempo.