Secondo la nuova teoria denominata "credenza basata sull'identità", quando dobbiamo valutare decisioni e idee siamo influenzati dal riconoscerci in un gruppo di appartenenza, che rafforza la nostra identità, più che da un'attenta valutazione delle informazioni, soprattutto in un’epoca di forte concentrazione comunicativa (si stima, infatti, che siamo sottoposti a circa 2000 messaggi commerciali al giorno).
Le pubblicità, come anche la comunicazione Politica, mirano sempre più su elementi periferici invece che su una solida base argomentativa. Questi due fattori (identità e senso di appartenenza) caratterizzano le nostre convinzioni a credere a ciò che ci viene detto e influenzano le nostre scelte.
La teoria, sviluppata dallo psicologo Van Bavel, ha come idea centrale che tutti noi diamo priorità a idee differenti in base a ciò che riteniamo più importante in quel momento; nell'assegnare la priorità siamo però influenzati dall'identità.
Avere una struttura di riferimento, come può essere un partito politico o una testata giornalistica, è spesso per noi più importante, perché ciò ci aiuta a trovare un'identità personale e a rafforzare il nostro Io. Ne consegue che l'accuratezza delle notizie e delle fonti, la professionalità dei giornalisti e dei comunicatori passano in secondo piano.
Gustave Le Bon
Tutto ciò in parte lo aveva già capito un certo Gustave Le Bon, psicologo francese che, nella sua opera "Psicologia delle folle", analizzò psicologicamente e diede dei veri e propri consigli su come controllare le masse: "Ciò che più colpisce di una massa psicologica è che gli individui - indipendentemente dal tipo di vita, dalle occupazioni, dal temperamento o dall’intelligenza - acquistano una sorta di anima collettiva per il solo fatto di trovarsi in massa".
Le Bon scorse nello stato dell’individuo appartenente a una massa uno stato ipnotico vero e proprio: "Per il solo fatto di appartenere a una massa organizzata, l’uomo scende dunque di parecchi gradini la scala della civiltà. Isolato, era forse un individuo colto; nella massa, è istintivo e dunque un barbaro".
Certo, qualcuno potrebbe contestare che le masse politiche di oggi non sono le stesse a cui si riferiva lo psicologo francese, costituite da vere e proprie folle “da stadio”, tuttavia, però, le diversità non sono così tante come si potrebbe pensare; ma quali sono i fattori che più incidono su una comunicazione persuasiva?
Fonte, messaggio e pubblico
Già Aristotele aveva capito le componenti chiave di una buona comunicazione convincente: "Delle argomentazioni procurate col discorso tre sono le specie: le une risiedono nel carattere dell’oratore, le altre nel disporre l’ascoltatore in una data maniera, le altre infine nello stesso discorso, attraverso la dimostrazione o l’apparenza di dimostrazione".
Numerosi studi, in particolare quelli di Hovland e Weiss, dimostrano, ad esempio, che le argomentazioni esposte da persone che appaiono più esperte, più attraenti a livello fisico e con un modo di parlare più veloce, sono indubbiamente considerate dotate di un peso maggiore rispetto alle stesse esposte da altri; inoltre, a incidere sempre sulle caratteristiche della fonte abbiamo: credibilità, affidabilità e simpatia.
Per quanto riguarda il messaggio, argomentazioni che suscitano una forte emozione nel pubblico hanno una valenza maggiore di altre. Discorsi lineari e semplici sono più efficaci di informazioni più complesse ed esposte in maniera confusa. Adolf Hitler, ad esempio, a cui non può essere sicuramente negata la dote di persuasore, aveva una precisa idea: "Le facoltà ricettiva delle masse sono molto limitate e la loro capacità di comprensione è piuttosto ridotta.
D’altro canto, esse dimenticano rapidamente. Alla luce di ciò la propaganda per essere efficace deve essere circoscritta ad alcuni semplici fondamenti, da esprimere il più possibile attraverso formule stereotipate. Tali slogan dovrebbero essere ripetuti con insistenza finché anche l’ultimo individuo non abbracci l’idea proposta".
Il linguaggio del corpo
Ogni “guida del popolo” e il proprio staff studia puntualmente e minuziosamente la comunicazione non verbale e il body language, perché l’espressione del volto e i gesti mentre si esprime un messaggio possono rafforzare o contraddire quello che stiamo dicendo. Un leader di valore deve essere in grado di manipolare e far convergere in un solo punto le emozioni del pubblico utilizzando strategie che comprendono, anche, il linguaggio del corpo.
Si posso notare, ad esempio in molti dibattiti politici, segni di apertura, fondamentali per migliorare la relazione emozionale con il pubblico, come la scelta di mostrare i palmi delle mani aperte negli applausi iniziali di introduzione. Per favorire l’attenzione della platea è d’obbligo non dimenticare l’importanza del ritmo, che consiste nella coordinazione tra i contenuti verbali e i gesti delle mani. Fondamentale per un leader è quindi l’approccio al public speaking che può essere ottenuto con la cura della dominanza dello spazio a disposizione.