Una mente vivacissima e inarrestabile in un corpo immobile, questo è stato Stephen Hawking fino a poche ore fa, quando, dopo una vita trascorsa a sondare le origini di una realtà affascinante e misteriosa, si è spento, all’età di 76 anni, nella sua casa di Cambridge.

Costretto all’invalidità fisica da quando ne aveva 20, a causa della SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), cosmologo, astrofisico della “Teoria del Tutto”, studioso dell'origine dell'universo e curioso ricercatore della termodinamica dei buchi neri, lo scienziato rimane un esempio di come il limite fisico non corrisponda a quello mentale.

Anzi, di quanto potenzialmente illimitato sia l’ingegno, a dispetto del corpo.

La capacità di stupirsi

Nel 1963 gli fu diagnosticata la terribile malattia degenerativa, conosciuta come SLA e fu avvertito della breve prospettiva di sopravivenza, che non sarebbe andata oltre qualche anno, un paio forse. Invece a quel punto scattò nel giovane Hawking la reazione energica che lo mantenne in vita fino ad oggi e lo rese il più grande studioso della relatività e della fisica quantistica dei nostri tempi.

Al di là dell’indiscussa competenza scientifica e divulgativa, esercitata grazie ad un computer sintetizzatore, ciò che lo ha contraddistinto è l’entusiasmo, la capacità di stupirsi e stupire a sua volta e l’assenza di pregiudizi.

Atipicamente ateo, in quanto non negava in modo assoluto un qualche intervento divino nell’attività cosmologica, ma la riduceva ad una forma di pensiero ancestrale, nel saggio “The Grand Design” del 2010 teorizzava una “creazione spontanea per cui esiste l’universo”. “Poiché esistono leggi come quelli della gravità”, vi si legge, “l’universo può crearsi e si crea dal nulla.

Non è necessario invocare Dio”.

Affermava peraltro che Scienza e religione siano due ambiti inconciliabili, poiché basati su principi divergenti: osservazione l’una, autorità l’altra. Da qui anche la teoria cosmologica sull'inizio senza confini dell'Universo, ovvero lo “stato di Hartle-Hawking”.

A 32 anni Hawking divenne uno dei membri più giovani della “Royal Society”, istituzione scientifica prestigiosa della Gran Bretagna.

Terminò gli studi all’Università di Oxford per dedicarsi ad astronomia teorica e cosmologia a Cambridge, dove iniziò ad insegnare matematica nel 1979 e mantenne la cattedra per trent'anni. Nel 2009 ricevette da Barack Obama la Medaglia Presidenziale della Libertà, la più alta onorificenza Americana.

“La vita sarebbe tragica, se non fosse divertente”

Ironico e sarcastico, ha lasciato, tra l’altro, molte frasi pungenti, anche sulla sua stessa condizione, cogliendo il “divertimento”, pur nella disabilità, nella possibilità di spaziare con la mente, attraverso la ricerca perenne di un senso a tutto. Non ha mai smesso di indagare i misteri dell’universo e di godersi la gratificazione di divulgarli.

Significativa la concezione dell'intelligenza artificiale introdotta dalla tecnologia: una risorsa, ma anche una minaccia, pronta a schiacciare chi l'ha creata. "Spariremo. E sarà solo colpa nostra!", ha detto a tal proposito in occasione dell'ultima intervista alla BBC.

Ha sempre esortato ad approfondire ed andare oltre i limiti apparenti, sostenendo che "il più grande nemico della conoscenza non è l'ignoranza, ma l'illusione della conoscenza". La sua vita e la sua intensa carriera hanno ispirato il film "La Teoria del tutto" diretto da James Marsh, tratto dalla biografia scritta dall’ex moglie, nonché madre dei suoi tre figli.