"Mi ha denunciato per quella lite in fabbrica, che disonore". Ieri dopo una mattinata di terrore e orrore prima di uccidersi, l'appuntato di 43 anni Luigi Capasso, in servizio a Velletri, ha svelato ai colleghi il nucleo del suo delirio che l'ha trasformato in killer di famiglia. Per ripristinare il suo 'onore' ha ferito gravemente la moglie Antonietta Gargiulo di 39 anni, poi ha ucciso le figlie Alessia di 13 anni e Martina di 7. Non accettava che la moglie, operaia alla Findus, dopo che davanti allo stabilimento in presenza di testimoni l'aveva schiaffeggiata, fosse andata dalla polizia.

Non accettava che ponesse fine al matrimonio e l'ha punita uccidendo le figlie. Da tempo lei aveva paura di quell'uomo violento e possessivo e aveva lanciato sos inascoltati: un copione già sentito tante volte di cui la cronaca sempre più spesso dà conto. E pure le bambine temevano il padre. I due colleghi negoziatori dell'Arma e lo psicologo per molte ore affacciati a parlargli dal balcone dei vicini dello stabile in via Collina dei Pini a Cisterna di Latina dove si era barricato, non l'hanno distolto dal suo piano. Il 29 marzo prossimo era fissata l'udienza per la separazione giudiziale con addebito.

Appelli inascoltati

Erano separati da cinque mesi e nell'abitazione di Cisterna di cui Capasso era proprietario, Antonietta era rimasta a vivere con le bambine.

Mentre la casa dell'appuntato era diventata la caserma di Velletri. L'epilogo dopo 17 anni di matrimonio, non solo per semplici litigi noti a tutti, anche a don Livio parroco della chiesa di San Valentino. Perché il carabiniere originario di Secondigliano, Napoli, era diventato sempre più violento e persecutorio. In quella casa l'ex buon padre di famiglia è tornato ieri mattina e ha ucciso Martina, 7 anni, mentre dormiva nel letto matrimoniale con due colpi all'addome sparati con la pistola d'ordinanza.

Poi Alessia, 12 anni, nella sua cameretta, raggiunta da un proiettile al petto: era in piedi, aveva sentito gli spari. "Ho fatto quello che dovevo fare", ha detto al fratello Gennaro. Da settembre tutto era peggiorato. Il 4 di quel mese, c'era stato l'episodio davanti allo stabilimento perché ingelosito da un sms che lei aveva inviato a un collega per sfogarsi.

Poi la srra a casa una nuova aggressione davanti alle bambine. Lei aveva presentato un esposto alla Questura di Latina, scegliendo la procedura della composizione tra le parti per non rovinare il padre delle sue figlie. Il carabiniere era già stato sospeso dal servizio un paio di mesi per una vicenda di truffe alle assicurazioni. "E' un violento, tenetelo lontano dalle bambine", aveva chiesto alla polizia. Lui aveva lasciato casa e a sua volta a gennaio ha presentato un esposto dicendo che la moglie che aveva cambiato la serratura, non voleva farlo entrare in casa a prendere le sue cose e non gli faceva vedere le figlie. Antonietta era andata due volte a Velletri in caserma a raccontare ai superiori i comportanenti di Capasso.

Ma non è servito. Nessuno ha mai messo in discussione che l'appuntato detenesse l'arma d'ordinanza. Tre mesi fa l'ultima visita psicoattitudinale lo ha giudicato idoneo al servizio. E comportamenti da stalker, appostamenti sotto casa della moglie, continui messaggi e telefonate, sono stati sottovalutati in assenza di una denuncia. Non si è protetta abbastanza Antonietta, ma anche avesse denunciato sarebbe servito a impedire aggressioni, violenze, fino alla strage finale di ieri?

'Non vogliamo più vederlo'

Infine Antonietta aveva chiesto l'intervento dei servizi sociali: non voleva che le bambine vedessero il padre da sole. Le due sorelline inseparabili che già avevano assistito a troppe liti, dopo l'episodio del 4 settembre, erano cambiate.

"Non vogliamo più vedere papà", avevano detto alle assistenti sociali. Martina la piccola era traumizzata. Alessia, più conciliante, aveva preso le distanze dal padre troppo geloso che ossessivamente chiedeva della mamma. I segnali c'erano tutti. Nessuno tra polizia, carabinieri, assistenti sociali, parrocchia ha voluto o potuto far nulla.