Eccoci nuovamente di fronte a un caso di bullismo, stavolta in un istituto scolastico della provincia di Lecce. Vittima un ragazzo di 17 anni, continuamente vittima di aggressioni fisiche, sbeffeggiato e umiliato dai compagni di classe, i quali non hanno esitato a pubblicare un video delle violenze nei suoi confronti, che ha iniziato a girare in maniera virale fra i gruppi chat di WhatsApp. Nel filmato si vede un ragazzino intento a prendere a calci la vittima diciassettenne. Gli atti di violenza si verificavano sistematicamente dinanzi agli occhi dei ragazzi, che, pare, assistessero impassibili alla scena.
Questo è il fatto di cronaca da cui partiamo per parlare di un fenomeno sociale denominato apatia degli astanti. Prendendo spunto dall’accaduto, non si ponga l’attenzione sul ragazzo che ha subito queste violenze, quanto sul gruppo di compagni di classe che sembra si limitasse ad assistere senza intervenire.
Dalla lettura della notizia appare che chi era presente a queste scene non reagisse, senza fornire alcun tipo di aiuto al ragazzo vittima dei soprusi.
Ma perché nessuno si muoveva per difendere quel giovane?
Prendiamo in analisi il gruppo sociale dei compagni di classe. Nessuno agiva per numerose motivazioni; chi non era interessato a ciò che accadeva per mancanza di empatia nei confronti del compagno, qualcuno avrà avuto paura di subire a sua volta violenze e dunque si limitava ad assistere provando compassione per quel ragazzo, tuttavia si può ipotizzare che, in quelle circostanze, si sia attivato quel fenomeno che in psicologia sociale prende li nome di apatia degli astanti.
Il fenomeno, conosciuto anche come ‘effetto spettatore’, fu studiato per la prima volta negli anni 60 da dagli psicologi sociali Darley e Latané.
Come e quando si verifica
In un contesto sociale di gruppo, laddove si dovesse presentare una situazione fuori dal normale, accadrebbe che nessuno dal gruppo si attiverebbe per normalizzare la situazione.
Questo succede perché nell’anormalità ognuno si aspetta che qualcun’altro si attivi al suo posto e faccia da leader per traghettare la situazione di nuovo nella normalità. Tutti si aspettano che qualcun’altro prenda le redini della situazione e nessuno di fatto interviene su di essa. Coloro che sono nel gruppo fanno affidamento sugli altri per interpretare al meglio quello che sta succedendo.
Questa dinamica si attiva per il concetto di diffusione della responsabilità. Si è verificato che una persona è maggiormente indotta a prestare aiuto se sente di essere l’unica a poterlo fare, se invece si è invischiati in una situazione di gruppo, paradossalmente, per il fatto di essere in presenza di più spettatori, si tende a riporre più fiducia nel fatto che qualcuno agisca e quindi per ogni soggetto diminuisce notevolmente la spinta endogena ad agire in quel contesto.