La tensione in Siria è sempre più alta e, stando a quanto accaduto in queste ultime ore, si teme sempre più che il conflitto possa tramutarsi in una sorta di terza guerra mondiale. L'attuale botta e risposta tra USA e Russia ricorda molto da vicino la crisi dei missili di Cuba, anche se in questo caso le armate sarebbero già in movimento, e difficilmente si dovrebbero fermare.
Gli Stati Uniti, infatti, avrebbero già la Siria nel mirino, con l'obiettivo di colpire le basi aeree del presidente Assad. Una risposta dovuta, ha fatto sapere Donald Trump, dopo l'attacco chimico di pochi giorni fa contro i civili.
Il presidente americano, infatti, non ha dubbi sulla responsabilità degli uomini del presidente siriano in merito alla drammatica vicenda.
Dall'altra parte, però, c'è la Russia di Vladimir Putin che continua a difendere Assad, dicendosi pronta a rispondere ad un eventuale attacco americano. Già nella giornata di ieri, alcuni caccia di Mosca avrebbero sorvolato, a bassa quota, il cacciatorpediniere a stelle e strisce. Oggi, invece, è arrivata la dichiarazione di Alexander Zasypkin, ambasciatore russo in Libano, il quale ha chiaramente lasciato intendere le intenzioni bellicose della Russia.
Esercito russo in allerta
Zasypkin ha fatto sapere che l'esercito russo abbatterà i missili e distruggerà le fonti di lancio, qualora gli Stati Uniti dovessero intervenire militarmente in Siria.
In sintesi, i caccia sarebbero pronti a rispondere, andando loro volta all'attacco delle navi americane dalle quali dovessero partire missili o aerei verso il paese di Assad. L'ambasciatore ha proseguito, affermando che le forze russe sono pronte ad affrontare qualsiasi aggressione americana contro la Siria.
Difficile pensare che il confronto dialettico possa essere fine a se stesso quando gli eserciti, in realtà, risulterebbero essere già schierati.
In questi frangenti, infatti, basta davvero poco per scatenare un'escalation di operazioni belliche, di cui è difficile prevedere le conseguenze. Non dimentichiamo che nell'area ci sono pure i soldati iraniani e, naturalmente, vi è anche Israele, grande alleato americano. Ma andiamo ad esaminare più nel dettaglio perché nessuno dei contendenti sembra intenzionato a tirarsi indietro.
Trump: prova di forza per non apparire debole
Donald Trump è chiamato a rispondere per non apparire debole soprattutto agli occhi del mondo. Lo sa lui, glielo avrebbero fatto notare i suoi stessi collaboratori, nonché colleghi di partito. L'attacco chimico, infatti, in qualche modo dev'essere punito, e questa volta la prova di forza deve dimostrarsi all'altezza della potenza militare di cui dispongono gli USA. Ne va dei consensi del presidente americano in politica estera, dove molti suoi predecessori hanno fallito o si sono dimostrati troppo deboli, evitando però gravi conseguenze mondiali.
Trump può contare su alleati europei di spessore: primi fra tutti i britannici, naturalmente, ma pure la Francia di Macron, mai così in prima linea nella richiesta di punire militarmente la Siria.
Un anno fa, sempre dopo un attacco chimico, il numero uno della Casa Bianca aveva optato per un bombardamento mirato contro la base da cui era partito l'attacco.
La Russa di Putin, dal canto suo, punta a difendere i propri interessi e a mostrare al mondo di essere ancora una super-potenza. Se gli Stati Uniti attaccassero, Mosca non avrebbe neanche il fastidio di assumersi la responsabilità di aver effettuato la prima mossa. L'eventuale contrattacco, infatti, potrebbe essere giustificato come una risposta, una sorta di legittima difesa delle sorti siriane. L'Iran, naturalmente, sarebbe al fianco di Putin, un'alleanza che comporterebbe dei rischi anche per Israele.
Dunque sono in gioco una serie di alleanze che spingerebbero all'azione diverse potenze globali: ecco perché si teme di essere sull'orlo di un conflitto mondiale di ampia portata.
La via diplomatica, in questo momento, appare sempre più debole, ma la speranza che si possa evitare il peggio non è ancora tramutata del tutto, nonostante la questione siriana sia una "patata bollente" che i presidenti americani si passano ormai da diversi anni. Questa situazione ha portato anche a supporre che, in realtà, l'obiettivo non sarebbe rovesciare Assad, ma solo indebolirlo. Questa strategia è stata attuata anche da Obama, ma con scarso successo.
A riprova che l'attacco americano potrebbe essere un'ipotesi concreta, è giunta l'allerta sulle rotte aree nel Mediterraneo orientale che durerà 72 ore. In questo lasso di tempo, dunque, potrebbero essere lanciati dei missili cruise e aria-terra.
Lo stato di allerta è stato diramato dall'Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa). Nelle stesse ore, inoltre, potrebbe essere interrotta, a intermittenza, la linea per le apparecchiature di aeronavigazione.