Fatima Sy è una donna senegalese, ha perso il posto di lavoro in una casa di riposo nelle Marche, dopo aver tollerato offese razziste da parte di alcuni anziani e la cooperativa ha deciso di non confermarla dopo un breve periodo di prova. In sua difesa è intervenuto Massimo Mattei, ex assessore della giunta guidata da Matteo Renzi, il quale le ha offerto un nuovo lavoro in una struttura di anziani da lui gestita.

Sul suo profilo facebook scrive “Se vorrà venire a Firenze sarò ben lieto di prenderla a lavorare con me. E mi metto in contatto con la prefettura di Ancona per darle questa opportunità.

Al razzismo si dice no. Sempre”. Sebbene il fondamento del concetto di razza sia crollato con la scoperta del DNA, sentiamo ancora parlare di comportamenti razzisti, ma da dove nascono?

Tra bisogni primordiali e categorie

Secondo la teoria dell’indentità sociale, ideata da Henri Tajfel e John C. Turner, sottoposta poi a un esperimento dal primo dei due autori, l’uomo ha il bisogno di sentirsi parte di un gruppo con cui condivide determinate caratteristiche e lo distingue da altri gruppi per altre. Si tratta dell’equivalente umana della categorizzazione (categorizzazione sociale), un meccanismo cognitivo che permette al cervello di acquistare più informazioni possibili con il minimo sforzo, raggruppando le informazioni con contenuti comuni,provenienti dall'ambiente circostante,in uno stesso gruppo.

Essenziali nella comprensione di questo processo sociale sono i due meccanismi cognitivi alla base della psicologia sociale: gli stereotipi e i preguidizi. I primi sono quei “prototipi” che vengono creati mentalmente per indicare una categoria di persone. I preguidizi sono strettamente legati agli stereotipi , poiché il giudizio deriva dalle credenze che abbiamo su quella determinata persona.

Questi funzionamenti, uniti al bisogno primordiale del gruppo, portano alla creazione di ingroup e outgroup, che discriminano chi pare diverso da quello che sentiamo come il nostro gruppo di appartenenza, considerato migliore. Dal punto di vista antropologico il termine che indica una concezione per la quale il proprio gruppo di appartenenza è considerato come il migliore, il centro di tutto è etnocentrismo.

È quel meccanismo che ci porta a considerare la nostra cultura superiore alle altre.

Diversi antropologi, quali Malinowski, hanno rilevato che è un atteggiamento tipico di ogni cultura e che ciò appartiene ad un percorso naturale dell’uomo, che è dettato appunto da quel bisogno sopracitato che ci porta a condividere un qualcosa con chi è più simile a noi. Il #razzismo, invece, è un atteggiamento estremo di chi vuole eliminare gli outgroup anche con la forza. Il pensiero e l’azione razzista sono atti che punto all’eliminazione fisica o psicologica dell’altro che si reputa diverso da noi. Nonostante,però, tutte le continue ricerche delle scienze umane e della biologia moderna incentrate sul tema delle razze siano arrivate a confermare che non esistono le razze, il razzismo è ormai un atteggiamento insidiato nelle viscere della nostra società.