La Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire, si vede protagonista ancora una volta di una drammatica emergenza sanitaria. Da Bikoro, paese a nord-est dello stato, è partita un’epidemia del virus ebola, che si è espansa fino a raggiungere la metropoli (di più di un milione di cittadini) Mbandaka. La velocità nello spostamento del virus (ha percorso 130km in 10 giorni, ovvero dall’8 maggio, quando i primi casi sono stati accertati dai laboratori di Kinshasa) preoccupa notevolmente le autorità, soprattutto perché ai 42 casi e alle 23 morti per infezione potrebbero aggiungersi cifre iperboliche visto il numero di abitanti della città sotto assedio.
Vista la situazione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è tempestivamente messa a disposizione delle organizzazioni nazionali ed internazionali recatesi sul posto per cercare di delimitare l’area infetta e tentare di fermare l’espansione della malattia.
Il difficile rapporto con il virus, rapido e mortale
La Repubblica Democratica del Congo non è nuova all’emergenza ebola. Questa epidemia aveva già infatti dilaniato ben nove volte il paese a partire dal 1976, quando coinvolto nel dramma c’era anche il Sudan, e lo aveva minacciato anche lo scorso anno. Ma non solo il Congo si è visto colpire nel profondo da questa malattia, che ha difatti in tre anni causato più di undicimila vittime in tutta la zona occidentale del continente.
Il motivo di tutte queste morti è anche da identificarsi nella rapidità di diffusione che l’ebola ha, oltre che alla mortalità a lei associata (50%). Il trasferimento, una volta passato l’ostacolo del ‘salto’ da animali a uomini, ha luogo attraverso un contatto non protetto con i fluidi corporei degli infetti, o con qualsiasi cosa che è stato in netta vicinanza con essi.
Coloro che dunque costituiscono un bersaglio privilegiato sono i medici ed i volontari che operano nelle aree infette.
Ciò che ora come ora spaventa di più di questo famelico virus è la sua presenza in una metropoli così tanto popolata come Mbandaka. Il metodo scelto per limitare la propagazione della malattia è quello ‘dell’inseguimento’, del riconoscimento degli infetti e degli oggetti da loro possibilmente contagiati e dell’arresto della diffusione.
Al momento, oltre 400 persone sono sotto osservazione per ipotetico contatto con il virus, ed altre 4000 che avrebbero avuto rapporti con loro sono ricercate. L’idea migliore è quella si applicare una vaccinazione ‘ad anello’ di questi 4000 individui, così da interrompere l’eventuale diffusione ed evitare di arrivare a conseguenze gravissime.
Il vaccino
A questo scopo, in loco è già arrivata circa una dose di antidoto per ciascun potenziale malato, anche se il problema ora ricade sul come somministrarlo. Il vaccino, già testato durante una scorsa epidemia, dev’essere infatti conservato a temperature estremamente basse. Purtroppo la fornitura energetica nella nazione non funziona a dovere e non è dunque assicurabile il mantenimento dei -60/-80 gradi, soprattutto durante il trasporto verso Bikoro, raggiungibile in fretta solo tramite motocicletta.
Queste difficoltà non fanno che aumentare l’ansia non solo delle autorità congolesi, ma anche dei paesi confinanti e vicini, che si vedono l’ombra minacciosa dell’ebola ancora alle porte.