Come molti ben sapranno, Vittorio Sgarbi cura da anni la rubrica 'Sgarbi Quotidiani' del tabloid 'Il Giornale'. In un articolo pubblicato il 2 gennaio 2014, però, il critico d'arte avrebbe usato parole diffamatorie nei confronti del giudice siciliano Nino Di Matteo. Parole che non sono passate inosservate alla giustizia italiana e, a distanza di 4 anni, è arrivata la condanna per Sgarbi e il direttore responsabile de 'Il Giornale, Alessandro Sallusti. Il giudice monocratico di Monza ha condannato il critico d'arte a 6 mesi di reclusione; condanna meno pesante (3 mesi di reclusione) per Sallusti.
La pena è stata sospesa per entrambi.
Sgarbi: 'Non ho diffamato nessuno'
Secondo il giudice Bianchetti di Monza, Vittorio Sgarbi aveva diffamato, col suo articolo, il magistrato Di Matteo. Sallusti, invece, non aveva controllato quel contenuto. Il critico d'arte ritiene che il pm sbaglia e, nel corso di un'intervista a Tgcom24, ha detto: 'Non ho diffamato nessuno'. Il magistrato che ha condannato Sallusti e Sgarbi ha anche emesso una provvisionale di 40mila euro in favore del pm Di Matteo, difeso dal legale Roberta Pezzano. Sia il critico d'arte che il direttore responsabile de 'Il Giornale', comunque, dovranno risarcire il magistrato in sede civile.
Vittorio Sgarbi aveva titolato l'articolo diffamatorio 'Quando la mafia si combatte soltanto a parole'.
L'intellettuale italiano aveva scritto che Riina non era un antagonista di Di Matteo, se non nei propositi; nei fatti il boss mafioso era un complice del pm palermitano, assicurandone 'il peso e la considerazione'. Era inquietante, secondo il critico d'arte, quell'inclinazione alla sofferenza del giudice, sostenendo che i soli sodali di Riina fossero i magistrati.
Riconosciute attenuanti generiche
Il critico d'arte, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche, ha chiosato la sua condanna durante l'intervista a Tgcom24. Quell'articolo, secondo lui, non ha un contenuto diffamatorio perché esprime solo un'opinione, sottolinea che le parole dette da Riina in carcere (su Di Matteo) non avevano fatto altro che generare il 'mito del magistrato'.
Sgarbi reputa la condanna come un delitto contro la democrazia, perché in ogni Stato democratico ognuno ha libertà di espressione. La sentenza emessa nelle ultime ore, insomma, non sarebbe altro che una forma di rispetto di un giudice nei confronti di un suo collega. Il critico d'arte, come un fiume in piena, ha affermato che hanno contenuto diffamatorio, invece, alcune esternazioni di Di Matteo, come quelle sulla nascita di Forza Italia. Il pm aveva asserito, secondo Sgarbi, che tale partito sarebbe il risultato di un accordo con la mafia.