Alla “Romanina”, un quartiere della periferia est della capitale, le recenti inchieste hanno portato alla luce gli scandali riguardanti l’occupazione divenuta illecita di alcune abitazioni sfarzose e ben tenute. Sono quelle del clan “Casamonica” che, ormai da qualche anno, oppone resistenza, non lasciando le proprie dimore nemmeno in seguito alle sentenze giuridiche di requisizione.
Scabrose le dinamiche degli eventi, a noi pervenute grazie ad una fonte anonima: secondo la legge italiana, infatti, questi immobili sono stati dichiarati ufficialmente “beni confiscati” e quindi sotto la completa tutela della giurisdizione statale.
Per l’articolo 21 della legge 159, dunque, il controllo delle ville non l’ha la famiglia che, invece, ne sta ancora beneficiando.
I reporter, recatisi nei luoghi sopra citati, dopo aver indagato ed aver controllato le condizioni abitative, hanno stabilito la totale non curanza dei membri del clan che occupano,ancora oggi in modo abusivo, quei terreni. Non solo: in alcuni di essi si stanno anche compiendo dei lavori di ammodernamento. Lo scandalo sorge, ulteriormente, proprio in queste circostanze: a dover sostenere la spesa, secondo l’attendibile fonte, sarebbe lo Stato, e non la famiglia che ne usufruisce illecitamente.
Il centro di controllo del paese è, dunque, accusato di vertere in uno “stato latente”, di continua inefficacia.
Se la colpa, in un primo momento, può essere attribuita al giudice, che pronuncia la sentenza di sequestro, successivamente, questa passa alle forze di polizia/carabinieri che non sono in grado di far rispettare la decisione. Sebbene i tempi da far seguire non siano ben stabiliti dalla legge, non è comunque razionalmente possibile che nessun organo intervenga per appropriarsi di quei luoghi.
Lo Stato e i Casamonica
Il clan dei Casamonica è uno dei più potenti in Italia ed annovera tra le sue file numerosi membri di famiglie tra loro imparentate. Nota come organizzazione criminale fin dagli anni ’70, essa ha come base territoriale quella dei Castelli Romani, nel Lazio.
Numerose sono le loro ingerenze e molteplici i loro campi d’azione: dall’edilizia al settore immobiliare, dal traffico di stupefacenti alla gestione di ristorazioni e stabilimenti balneari.
Già nel 2015 aveva fatto discutere lo svolgimento del funerale del “capo-clan” che, secondo il decoro tradizionale, era stato compiuto con troppo sfarzo ed era stato celebrato in pompa magna.
Una delle ville, dal valore di 1 milione di euro, è stata espropriata ai Casamonica ormai 4 anni fa ma non è mai stata fatta sgomberare realmente e, dunque, si è trasformata in uno dei tanti “fortini” del gruppo malavitoso.
Secondo le testimonianze, volutamente anonime, sarebbe quasi impossibile strappare dalle mani delle diverse famiglie le sfarzose dimore. Infatti, dopo i primi 5/10 minuti, arriverebbero 200/300 esponenti della casata che creerebbero numerosi disagi e spinosi tafferugli, facendo sfociare il tentativo statale in uno scontro aperto.
Secondo l’ignota fonte, dunque, l’unica soluzione attuabile, sarebbe quella di radunare un battaglione di carabinieri, per poi potersi recare sui “luoghi dello sfratto”.
Com’è possibile che un clan, seppur con antiche radici, possa sbaragliare la potenza di un intero Stato? Perché per certi cittadini le leggi sono valide e restrittive mentre per un’organizzazione a stampo mafioso, che s’oppone a queste ultime, non si mobilitano nemmeno le basilari forze garanti dell’ordine pubblico?
Questa è l’assurdità di una situazione che ha creato, e crea, scalpore in tutti gli ambienti, giuridici e statali, e che, da 4 anni a questa parte, non ha trovato una risoluzione adeguata. Lo Stato italiano deve far chiarezza e deve dimostrare, con tutti i propri mezzi, che non sono “i forti” coloro che vincono ma che il trionfo deve essere quello della giustizia.