Il giudice monocratico di Monza, Francesca Bianchetti, ha condannato Vittorio Sgarbi e Alessandro Sallusti con l'accusa di aver diffamato il magistrato palermitano Nino Di Matteo. Il primo è stato condannato a sei mesi di reclusione per diffamazione su Il Giornale, mentre il secondo è stato condannato per tre mesi per omesso controllo essendo il direttore della testata giornalistica. Entrambi gli imputati hanno avuto la sospensione della pena, ma dovranno risarcire i danni al Pubblico ministero da liquidarsi in sede civile.
Il giudice ha concesso al magistrato, adesso in servizio alla DNA (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) e difeso dall'avvocato Roberta Pezzano, una provvisionale immediatamente esecutiva di 40mila euro.
Sia Sallusti che Sgarbi hanno avuto le attenuanti generiche.
L'articolo incriminato si trovava sulla rubrica Sgarbi Quotidiani del 2 gennaio 2014. Nell'articolo, intitolato "Quando la mafia si combatte soltanto a parole", Sgarbi scriveva:
"Riina non è, se non nelle intenzioni, un nemico di Di Matteo. Nelle azioni è suo complice. Ne garantisce il peso e la considerazione". E ancora: "C'è qualcosa di inquietante nella vocazione al martirio (del magistrato, ndr)" e "gli unici complici che ha Riina sono gli stessi magistrati".
La difesa di Vittorio Sgarbi
Subito dopo aver appreso della condanna, Sgarbi si è subito difeso ai microfoni di Tgcom24 affermando:
"Ho detto una cosa oggettiva. Le intercettazioni in carcere di Riina che 'condannava a morte' Di Matteo hanno aiutato alla creazione del mito del magistrato, ne hanno aumentato popolarità e tutela, e questa non è diffamazione, è un'opinione”.
Il critico d'arte ha poi aggiunto che in uno Stato democratico è garantita la libertà d'espressione e che la sentenza di oggi è un crimine contro la democrazia e l'obbedienza di un magistrato ad un suo collega. Poi ha concluso:
"Sono convinto che Di Matteo abbia sbagliato su tutta la linea della sua richiesta giudiziaria e che abbia dichiarato cose inaccettabili contro il generale Mori in una sentenza e contro Forza Italia con le sue affermazioni sul fatto che il partito sarebbe nato da un patto con la mafia.
Questa è pura diffamazione ma nessuno riesce a condannare chi l'ha pronunciata".
Le dichiarazioni di Nino Di Matteo dopo la presentazione della querela
Ricordiamo che dopo la querela presentata da Nino Di Matteo, lo stesso aveva affermato:
"Dopo la pubblicazione successiva al deposito processuale delle intercettazioni di parecchie conversazioni nelle quali Riina continuamente si riferisce alla mia persona anche manifestando la sua volontà di uccidermi, paradossalmente si è avviata quella che ritengo una vera e propria battaglia di stampa che, partendo dal chiaro capovolgimento dei fatti, tende a dar credito a versioni che mi indicano come autore di condotte e comportamenti che non ho mai tenuto".
Il magistrato concludeva dichiarando che non poteva più accettare che si continuasse a speculare impunemente anche su vicende che incidevano particolarmente sulla sua vita personale e familiare.
In quel caso vennero querelati anche altri giornalisti come Filippo Facci e Giuliano Ferrara.