Il tre maggio è stata la Giornata mondiale della libertà di stampa, che l'UNESCO ricorda conferendo il premio "UNESCO/Guillermo Cano World Press Freedom Prize". Il premio viene assegnato a individui o istituzioni che hanno contribuito fortemente alla difesa o promozione della libertà di stampa a livello internazionale, soprattutto nei casi in cui quest'ultima viene minacciata.

Ed è shawkan, ovvero il fotogiornalista egiziano Mahmoud Abu Zeid, ad aver ricevuto il premio quest'anno. Il ministero degli Esteri egiziano, appena appresa la notizia, ha espresso il proprio profondo rammarico all'ONU.

Ha definito il premio «irrispettoso dello Stato di diritto» e il parlamento egiziano ha accusato l’Unesco di premiare un imputato di terrorismo. E non solo: le accuse a carico di Abu Zeid sono anche di adesione a un’organizzazione criminale, omicidio e resistenza a pubblico ufficiale. Ma tutto ciò che Shawkan stava facendo quando fu arrestato, in realtà, non era che il proprio lavoro.

L'arresto e la prigionia

Sono quasi cinque anni che Shawkan, trentenne, è imprigionato nel carcere di Tora, considerato uno dei peggiori d’Egitto. Precisamente, dal 14 agosto 2013. È stato arrestato insieme ad altri due giornalisti, il francese Jammes e l’americano Giglio, che tuttavia sono stati rilasciati solo dopo qualche ora.

I tre giornalisti si trovavano nel quartieri di Rabaa, al Cairo, durante il violento sgombero di un sit-it della Fratellanza musulmana. Durante lo sgombero, le forze di sicurezza uccisero oltre seicento manifestanti.

Nella testimonianza che Michael Giglio ha redatto nell'ottobre del 2015, nella speranza di poter contribuire alla liberazione di Shawkan, il giornalista sottolinea a più riprese che fosse chiaro alle forze di polizia egiziane che loro tre - lui stesso, Jammes e Shawkan - fossero sul posto in qualità di giornalisti, e che nessuno di loro abbia valicato i limiti che erano stati imposti dalla polizia.

Shawkan è stato arrestato mentre faceva il suo lavoro e rischia la pena di morte. Da quattro anni le sue udienze vengono aggiornate di mese in mese. Il 28 aprile si è svolta la sessantaduesima udienza del processo iniziato il 12 dicembre 2015 al Cairo: gli imputati sono 739 di cui l'unico giornalista è lui. L'ultima udienza era prevista per il cinque maggio.

Karim Abdelrady, l'avvocato di Shawkan, spiega che in quattro anni le udienze sono state rinviate per più di cinquanta volte. Nella prima a suo carico, svoltasi il 26 marzo 2016 e immediatamente aggiornata al 23 aprile, sono state elencate le imputazioni a carico di Shawkan, fino ad allora negate all’avvocato, che dunque non ha potuto per oltre due anni e mezzo preparare una linea difensiva.

Caccia alle streghe

Dalla sua elezione nel 2014, il generale Abdel Fattah al-Sissi conduce una caccia ai giornalisti sospettati di sostenere la Fratellanza musulmana. I canali di televisione privati sono stati acquistati da gruppi vicini al governo, come tutta la stampa, sulla quale è esercitata una censura direttamente alla fonte.

Una legge anti-terrorista impone ai giornalisti egiziani e stranieri, in caso di attentati, di rispettare la versione ufficiale in nome della sicurezza nazionale, sotto la minaccia dell’incarcerazione. A causa di tutto ciò, l’Egitto si piazza al 161esimo posto, su 180 nazioni, nella classifica mondiale della libertà di stampa stilata nel 2018 da Reporter Senza Frontiere.

"(Al-Sissi) ha risparmiato tutti i criminali che si trovano in questa prigione, quelli della Fratellanza musulmana, quelli dell’Isis, per opprimere un giornalista che è stato tradito mentre svolgeva il suo dovere e lasciato a marcire in una prigione per mille giorni senza poter vedere un giudice" ha scritto Shawkan nella lunga lettera a Amnesty International in occasione del suo millesimo giorno di prigionia.

Una stampa libera?

Nei posti più in basso nella classifica di RSF troviamo Corea del Nord, Cina, Turchia e Russia. I regimi si basano su una manipolazione e un controllo totale dell'informazione. Erdoğan ha il controllo sulla più grande macchina di condanna di giornalisti al mondo; i membri della stampa solitamente sono incarcerati senza processo per almeno un anno, poi condannati all'ergastolo. Kim Jong-un controlla l'agenzia di stampa coreana, la KCNA, l'unica ad avere l'autorizzazione per diffondere notizie; e chi si informa tramite altre fonti che non siano quella nazionale viene incarcerato. In Cina e in Russia, oltre che alla propaganda pro-regime massiccia che inonda i cittadini ogni giorno, i sostenitori di una stampa libera sono incarcerati e i crimini contro i giornalisti rimangono impuniti.

Gli Stati Uniti, quest'anno al 45esimo posto in classifica, hanno perso posizioni dopo l'elezione di Donal Trump alla Casa Bianca. L'Italia, una posizione dietro, è indicata da RSF come problematica a causa della scorta di polizia di cui almeno dieci giornalisti attualmente necessitano 24 ore su 24 a causa delle minacce ricevute. Inoltre, RSF riporta che sempre più spesso sono gli stessi giornalisti a auto-censurarsi a causa della pressione esercitata dai politici; un ultimo problema è la proposta di una nuova legge in difesa di questi ultimi secondo la quale l'informazione di un politico, un giudice ed altre figure importanti può essere punita con una pena di sei o nove anni di prigione.

Responsabilità

"La scelta di Abu Zeid è un tributo al coraggio, la resistenza e l’impegno per la libertà di espressione", ha detto Maria Ressa, presidentessa della giuria Unesco. Già nel 2016 gli è stato assegnato l’International Press Freedom Award.

In un clima di generale oppressione della libertà di stampa e di sfiducia nei mezzi d'informazione, la premiazione di Shawkan è un esempio di come invece il giornalismo non abbia perso il suo potere anche vis-à-vis di regimi violenti e repressivi, e di come, deontologicamente, non abbia perso di vista le proprie priorità e responsabilità. Come scrive il giornalista francese Edwy Plenel, fondatore e direttore del quotidiano on-line Mediapart, nel testo "Combat pour une presse libre'': "Giornalisti, il nostro mestiere è l'informazione, cioè la libera indagine su tutti i fatti che condizionano la vita pubblica. I diritti e i doveri della nostra professione non sono quindi un privilegio, ma una responsabilità verso i cittadini". E per aver rispettato questa responsabilità, Shawkan è ancora detenuto a Tora.