"Mia mamma e mio padre mi hanno reso la vita impossibile. Spero che ci sia giustizia per la mia morte, spero che i carabinieri facciano un'indagine". Questo è solo uno dei numerosi passaggi agghiaccianti del video, della durata di quasi quaranta minuti, che la requisitoria ha fatto visionare al padre di Rosita Raffoni a porte chiuse, il quale ritrae la 16enne poco prima di compiere il gesto estremo.

L'accaduto

Dal video e dalle lettere ritrovate sul tetto della scuola scelta dalla ragazza per suicidarsi, il Liceo Classico Morgagni di Forlì, emerge la volontà di far capire ai genitori la motivazione del terribile gesto: i destinatari del video sembrano infatti essere le Forze dell'Ordine e i genitori stessi, i primi avranno il compito di far luce su quanto successo, mentre ai secondi cerca di far capire quanto si sia sentita sola e ignorata.

I genitori sono rei, secondo la ragazza, di non averla mai capita, mai conosciuta veramente, mai accettata. "Mi odiate, non piangerete per la mia morte", un altro dei passaggi più catartici del video-testamento della giovane. La parola più frequentemente usata, anche nelle lettere, risulta essere "odio", invitando tra le altre cose il padre e la madre a chiedersi se una parte dell'odio che, uccidendosi, ha rivolto contro se stessa, non sia lo stesso ricevuto da loro. Rosita insiste sul rimpianto per la vita e i sogni lasciati a metà e, pur essendo convinta che così "segregata" fosse impossibile andare avanti, dice più volte che le dispiace lasciare la vita. Troppe le cose ancora da fare, per le quali non ha mai avuto possibilità: avere un fidanzato, rendere felice qualcuno, andare all'estero.

Richieste condanne per i genitori

I Pm di Forlì, Sara Posa e Filippo Santangelo, hanno chiesto condanne per entrambi i genitori dopo aver mostrato in aula l'intero video-testamento a porte chiuse; sei anni al padre Roberto Raffoni per istigazione al suicidio e maltrattamenti fino alla morte, due anni alla madre, Rosita Cenni, accusata di maltrattamenti.

Il rapporto dei genitori con la figlia è stato definito dai PM come "comportamento genitoriale disfunzionale"; i due vengono ritenuti responsabili del gesto estremo della povera ragazza, poiché si pensa che conoscessero le malsane idee della giovane e non abbiano fatto nulla per fermarla. Il ruolo "predisponente e cogente" degli stessi genitori nei confronti della ragazza è quindi considerato la causa primaria del suicidio e di conseguenza il principale capo d'accusa.