Quella delle spose bambine è una piaga in molte nazioni del mondo. Noura Hussein aveva solo 13 anni quando era stata obbligata dai suoi parenti a sposare il cugino, che aveva il doppio dei suoi anni. L'uomo era violento, la trattava come un oggetto, e la stuprava spesso. Dinanzi all'ennesimo tentativo di stupro, Noura aveva preso un coltello ed aveva sferrato un fendente al marito stupratore. Un colpo fatale. Il cugino è morto e la giovane sudanese è stata condannata all'impiccagione. Oggi Noura ha 19 anni e si trova nel carcere femminile di Omdurman, in attesa di essere giustiziata.

A portarla nel penitenziario sudanese sarebbero stati proprio i parenti. Intanto nel mondo si chiede ad alta voce la liberazione della Hussein.

La petizione su Change.org

Su Change.org è stata lanciata una petizione per la liberazione della diciannovenne Noura, in carcere da quando aveva 13 anni per l'omicidio del marito, uomo brutale e molto più grande di lei. La Hussein non voleva sposare quella persona ma in Sudan, come in altre nazioni, bisogna sottostare alle volontà dei familiari anche in ambiti delicati.

Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, ha ricordato che Noura, quando aveva 13 anni, aveva cercato con tutte le sue forze di sottrarsi alla furia del suo marito aguzzino. Ci era riuscita, ma non era riuscita a liberarsi dalle norme e consuetudini triviali del suo Paese.

Quando aveva sferrato i fendenti al cugino, uccidendolo, gli stessi familiari l'avevano condotta in carcere. L'unica colpa della Hussein è stata quella di aver detto 'no' allo stupro.

Il ricorso degli avvocati di Noura Hussein

Gli avvocati che difendono la diciannovenne sudanese, Mohamed Mustafa Alnour e Adil Mohamed Al-Imam, hanno già presentato un ricorso ma, qualora non venisse accolto, Noura verrebbe impiccata.

Lo ha confermato la stessa Napoli, che è triste per la condizione della Hussein, ragazza vessata, umiliata e obbligata a sposare un uomo molto più grande di lei. Un uomo che non ha mai amato.

La presidente di Italians for Darfur ha affermato che la giovane sudanese era stata obbligata dagli stessi parenti a consumare un rapporto 'intimo' con il cugino.

Questo, il giorno successivo, aveva tentato di violentare la giovane moglie ma lei, con un coltello, si era difesa energicamente, sferrandogli un fendente mortale. Giovedì scorso la ragazza è stata condannata a morte dai giudici del tribunale di Omdurman. Bisogna raccogliere il maggior numero di firme e inoltrare la richiesta di grazia e liberazione della diciannovenne al presidente del Sudan al Bashir. E' una lotta contro il tempo.