“È giunto alla nostra attenzione che alcune studentesse utilizzano lo spazio della biblioteca presentandosi mezze nude, creando una situazione che disturba gli studenti maschi. Per tale ragione consigliamo loro di vestirsi più modestamente quando usufruiscono dei servizi universitari. Il pudore è la scelta giusta!”. Sono bastate queste poche semplici parole - stampate su un poster ed affisse all’interno della biblioteca dell’Università dello Zambia – a mobilitare una vera e propria divisione tra gli oltre 35.000 studenti iscritti all’Ateneo cardine della capitale Lusaka.

Ad innescarla sarebbe stata la visione conservatrice e composta di alcuni, i quali ritengono inopportuno per le giovani universitarie indossare vestiti attillati, pantaloncini corti o gonne sopra il ginocchio all’interno dell’Università. La motivazione? Rappresenterebbe un’eccessiva distrazione per il sesso maschile.

Il dietrofront dell'università

L’inno cartaceo alla pudicizia e alla decenza, indipendentemente da chi sia stato diffuso, ha però immediatamente suscitato non solo il dissenso del corpo studentesco, ma della stessa Direzione bibliotecaria a causa dei termini calunniosi utilizzati e dal taglio misogino nei confronti delle studentesse (accusate addirittura di andare in giro “mezze nude”).

“Vogliamo scusarci senza riserva alcuna con le utenti femminili della nostra biblioteca per l’offesa causata” ha chiosato nelle ultime ore la bibliotecaria Christine Kanyengo, sottolineando come le precedenti dichiarazioni non riflettano assolutamente il pensiero della Direzione né quello dell’Università stessa che ha anzi ribadito l’inesistenza di alcun dress-code.

“Tutte le studentesse dovrebbero potersi sentire a proprio agio utilizzando il nostro servizio” ha così concluso. Eppure, se da un lato le istituzioni o gli organi direttivi della più grande Università del Paese hanno espresso la loro posizione senza mezzi termini, nell’altro angolo del ring immaginario sembra che per gli studenti la questione sia tutt’altro che chiusa.

Alcuni di loro hanno infatti ammesso di concordare con quanto scritto nel messaggio in biblioteca, sottolineando come un divieto del genere sia necessario “in uno Stato come lo Zambia, fortemente conservativo e dichiaratosi nazione cristiana” e proponendo di estendere tali vincoli sull’abbigliamento femminile non solo al servizio bibliotecario ma a tutto il campus. Altrettanto radicale ed ancorata alle stesse motivazioni esplicate sul poster è stata invece la posizione di alcuni studenti maschi. “Come possiamo pensare di concentrarci sullo studio quando qualcuno ci cammina davanti in minigonna o vestitini aderenti?” ha replicato l’universitario Killion Phiri.

“Concentratevi sui libri, non sulle nostre gambe”

La risposta è arrivata tempestiva da Dikina Muzeya, una delle ragazze che insieme a diverse coetanee ha criticato la nuova regola, ritenendosi soddisfatta solo dopo aver ricevuto le scuse ufficiali dell’Università. “La Direzione bibliotecaria dovrebbe essere più consapevole riguardo agli avvisi che vengono pubblicati, soprattutto se si tratta di messaggi che comprendono restrizioni legate al modo di vestirsi o al genere” è stato il commento lapidario della studentessa del terzo anno, la quale si è riservata anche alcune parole di replica per i compagni della controparte maschile. “Se il vostro obiettivo è quello di andare in biblioteca per studiare, perché dovreste iniziare a guardare altre cose come le gambe di noi ragazze? Semplicemente tenete gli occhi sui vostri libri”.