Sintetizzare il DNA è essenziale per qualsiasi ricerca di ingegneria genetica. Purtroppo i metodi fino ad ora disponibili hanno sempre avuto dei limiti abbastanza evidenti che frenano la ricerca e ne allungano le procedure. Una nuova tecnica, messa a punto il 18 giugno 2018 dai ricercatori dell’Università della California, a Berkeley, permette la sintesi di DNA "de novo" (ovvero senza stampo) con una facilità mai vista prima.
La via classica era troppo obsoleta
Il metodo più usato per una sintesi del DNA si basa su un processo chimico in laboratorio.
Questa tecnica è stata messa a punto 35 anni fa e, benché nel corso degli anni sia stata migliorata, mantiene un suo limite fisico: non è possibile sintetizzare più di 300 nucleotidi. I nucleotidi sono le componenti fondamentali del DNA, le singole lettere del "manuale di istruzioni" della cellula, che serve per sintetizzare proteine. Per capire il problema di questo limite, basti pensare che una proteina media viene codificata da una sequenza di 26,288 nucleotidi. Normalmente si producono piccole sequenze di DNA con questa tecnica che poi vengono letteralmente incollate tra di loro. Questo però, essendo un processo di forza bruta non regolato, è soggetto a molti errori. Inoltre, le reazioni chimiche necessarie per questo "copia incolla" possono danneggiare il DNA e produrre scarti tossici.
L’altro metodo che di solito si utilizza per la sintesi del DNA prevede l'uso di una sequenza stampo già esistente: non si parla quindi di sintesi "de novo". Oltre quindi a non poter produrre una sequenza di DNA personalizzata, anche questo metodo permette di sintetizzare solo catene di dimensioni ridotte.
La soluzione biologica perfetta arriva dal passato
La tecnica messa a punto dai due brillanti neolaureati Sebastian Palluk e Daniel H. Arlow, si basa su uno studio del 1962, dove si ipotizzava la possibilità di utilizzare un metodo biologico per la sintesi del Dna. I vantaggi che l'approccio biologico mostrava erano molteplici: gli enzimi sarebbero stati molto più precisi di una reazione organica in laboratorio e non avrebbero danneggiato il DNA.
In questa ipotesi, inoltre, non si sarebbero generati scarti di nessun tipo. Riscoprendo questa ipotesi del secolo scorso, i due scienziati hanno trovato un enzima, il TdT, la cui sola attività è aggiungere nucleotidi al DNA; questa proteina si trova naturalmente nel sistema immunitario. Ad ogni aggiunta, tuttavia, l’enzima si inibisce, e non è più funzionale: è così che il corpo regola strettamente la sua attività. Per aggirare questo problema, gli scienziati hanno trovato il modo di ripristinare la funzionalità dell'enzima ad ogni aggiunta del nucleotide, permettendo l’instaurazione di un circolo riproducibile e, potenzialmente, senza limiti: basta fornire il mattoncino, e l’enzima lo metterà al suo posto con facilità.
Le possibilità della nuova tecnologia
Dopo aver visto la facilità con cui si può inserire un gene codificate all'interno di una cellula con CRISPR, adesso la tecnica avanza anche per quanto riguarda la sintesi del DNA. Questo avanzamento potrebbe aprire le porte alla ingegnerizzazione di proteine con un’azione molto specifica, a vantaggio dell’uomo. Invece di aver bisogno di un organismo dal quale estrarre un enzima, adesso basta che se ne abbia la sequenza genica, abbassando i tempi e i costi di qualsiasi ricerca. Avere poi tra le mani mezzi così potenti di manipolazione, potrebbe spingere oltre le linee di ricerca, andando a toccare argomenti come la rigenerazione di organi in vitro, potenzialmente con funzionalità maggiori di quelli originali.