Sul registro delle persone sottoposte a foto segnaletiche da parte della Compagnia Casilina a Roma appare un nome completamente cancellato con il bianchetto. E non un nome qualunque, ma quello di Stefano Cucchi, il geometra morto il 22 ottobre 2009, sei giorni dopo il suo arresto per possesso di sostanze stupefacenti. Durante l’ultima udienza del processo in corso nella Capitale, è stato sottolineato proprio questo particolare: nel documento sotto il nominativo di Zoran Misic si trova una riga dalla quale qualcuno ha fatto sparire tutto quello che c'era scritto.

“Una pratica non regolare” hanno ammesso in aula gli stessi carabinieri in servizio quella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009; secondo la loro testimonianza può capitare che la procedura venga interrotta per problemi ai sistemi informatici, ma in quel caso si depenna il nome con una riga orizzontale.

L’uso anomalo del bianchetto nel registro

Invece, sembra che qualcuno abbia voluto eliminare ogni traccia del passaggio di Stefano Cucchi da quelle stanze, per effettuare le foto segnaletiche e gli accertamenti sulle impronte digitali. Un particolare non di poco conto, perché – secondo i magistrati – il pestaggio, che avrebbe causato la morte del giovane alcuni giorni dopo, sarebbe avvenuto proprio nella caserma della Casilina, in seguito forse ad una qualche forma di resistenza di Cucchi.

A dire il vero il suo nome non è l’unico su cui qualcuno ha usato il bianchetto in quel registro; ma, come ha notato il pm Giovanni Musarò, in tutti gli altri casi – almeno cinque – i nominativi non sono stati completamente eliminati, come per Stefano. Un’altra anomalia riscontrata, ossia la decisione di non effettuare queste operazioni direttamente nella caserma di via in Selci, come da prassi, è stata invece giudicata poco rilevante dai carabinieri chiamati a testimoniare, perché capita spesso che ci si serva di altre sedi per gli accertamenti.

Le minacce di suicidio di uno degli imputati

Nel corso dell’udienza sono emersi anche nuovi particolari relativi ad uno degli imputati che avrebbero partecipato al pestaggio, Raffaele D’Alessandro: nel 2013 sono state modificate le sue mansioni e si è deciso di assegnarlo al lavoro in ufficio, dopo che l'ex moglie, Anna Carino, aveva rivelato ad un superiore che, durante la loro separazione, il carabiniere avrebbe minacciato il suicidio.

Temendo per l’incolumità dell’ex marito e di tutta la famiglia, la donna aveva segnalato la situazione, ottenendo il suo trasferimento e che le pistole fossero custodite in ufficio. Nelle scorse settimane la Carino aveva raccontato in aula di come il coniuge le avesse confessato di aver pestato Cucchi insieme ad altri la notte del suo arresto. Raffaele D’Alessandro è imputato nel processo per omicidio preterintenzionale, insieme ad Alessio Di Bernardo e Francesco Tedesco. Quest’ultimo deve rispondere anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Stefano Cucchi e di calunnia. Anche Roberto Mandolini, nel 2009 a capo della stazione Appia, e Vincenzo Nicolardi sono alla sbarra per il reato di calunnia verso gli agenti di polizia penitenziaria, ingiustamente accusati della morte del giovane nel corso della prima inchiesta che ha tentato di far luce sulla vicenda.