Forse la verità non è più tanto lontana. Continuano a sfilare in aula i testimoni nel secondo processo sulla morte di Stefano Cucchi, il giovane scomparso a 31 anni il 22 ottobre 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato per il possesso di 28 grammi di hashish e pochi grammi di cocaina. Il primo dibattimento si è concluso con l’assoluzione di tre agenti della polizia penitenziaria, completamente scagionati da ogni responsabilità. Nell’attuale procedimento penale sono coinvolti cinque carabinieri: in particolare a Raffaele D’Alessandro, Alessio Di Bernardo e Francesco Tedesco è contestato il reato di omicidio preterintenzionale, mentre il maresciallo Roberto Mandolini, comandante della stazione di Roma Appia, deve rispondere di calunnia e falso, insieme a Tedesco e a Vincenzo Nicolardi, a cui però è imputata solo la calunnia.

Caso Cucchi: la testimonianza dell’ex moglie di un carabiniere

Nell’ultima udienza Anna Carino, ex moglie di D’Alessandro, ha ripetuto in aula quanto aveva precedentemente dichiarato agli inquirenti. La donna ha riferito ai giudici le parole del marito relative all’arresto del giovane: “Quante gliene abbiamo date” le avrebbe detto. Secondo la donna, l’uomo avrebbe confermato che Cucchi sarebbe stato pestato la notte del fermo e che lui avrebbe partecipato attivamente all’aggressione. Nella sua testimonianza ha ricordato come con quella divisa addosso il carabiniere “si sentisse simile a Rambo”, diventando anche aggressivo. Mentre alla televisione scorrevano immagini di Cucchi, le aveva parlato senza problemi di quello che era avvenuto, giustificandosi con la motivazione che il giovane fosse "un drogato di merda” ed aggiungendo che in passato episodi simili erano avvenuti anche con altri, specialmente extracomunitari.

I verbali contraffatti

Accuse pesanti, taciute per molti anni, per proteggere i tre figli della coppia. Ma, conclusosi il matrimonio, la donna avrebbe deciso di raccontare tutto quello che sapeva. Parole che vengono confermate anche da un’intercettazione della fine del 2015 in cui, durante un litigio tra i due, la Carino rinfacciava al marito di averlo sentito raccontare a più persone “quanto si fossero divertiti a picchiare Cucchi”.

Insomma uno dei presunti autori del pestaggio ormai si credeva impunito e raccontava liberamente una versione dei fatti molto diversa da quella descritta nei verbali e nei documenti ufficiali sull’arresto del giovane, nei quali non si faceva riferimento a nulla di particolare, perché probabilmente modificati in seguito per fugare ogni sospetto.

Eppure il giovane arrivò in carcere in pessimo stato, col volto e il corpo tumefatto, segnato da numerose lesioni. Luigi Lainà, un detenuto che incrociò Cucchi nel reparto clinico di Regina Coeli, ha testimoniato raccontando di come “Stefano sembrasse gonfio come una zampogna” e di come gli avesse mormorato, con un filo di voce, che a ridurlo così fossero stati i carabinieri: “Si sono divertiti con me” furono le sue drammatiche parole.