Una condanna a 30 anni di reclusione per una giovane madre, Kimberley Martines, che nel 2016 in South Carolina, negli Stati Uniti, uccise la figlia Peyton di soli 17 mesi. La donna costrinse la piccola a mangiare un'enorme quantità di sale. Deliranti le motivazione dell'insano gesto: lo avrebbe fatto solo per attirare l'attenzione del marito dal quale si stava separando. Peyton fu soccorsa immediatamente, tuttavia l'accumulo di liquidi nei polmoni ed i danni ai reni, uniti al restringimento dei vasi sanguigni causato dal sale, resero le sue condizioni irreversibili e la condussero al decesso.

La Martines, inizialmente, si era difesa sostenendo che la piccola aveva ingerito del sale che gli era stato messo a disposizione dalla sorella più grande. Ma è stato proprio grazie alla testimonianza di quest'ultima, una bambina di 4 anni, che gli investigatori hanno potuto inchiodare Kimberley alle sue responsabilità. La sorella maggiore, infatti, ha raccontato agli agenti di polizia di aver visto la madre mentre dava il sale alla piccolina.

La condanna

Kimberley Martines è stata condannata a scontare una pena pari a 30 anni di carcere, mentre la sorella gemella della piccola Peyton e la figlia più grande della donna già citata, sono state prese in custodia dal Dipartimento dei Servizi Sociali del South Carolina.

La Martines dovrà scontare almeno l'85% della pena prima di poter usufruire della libertà vigilata.

Bambini torturati ed uccisi dai genitori

Purtroppo sempre più spesso i media portano alla luce situazioni di questo tipo dove a subire la follia umana sono i bambini innocenti, maltrattati ed uccisi dalle persone che li dovrebbero accudire ed amare.

Ne è un esempio la notizia diffusa pochi giorni fa sulla condanna a 40 anni di carcere di Katrina Shangreaux, una donna che ha ucciso, nel luglio del 2016, il figlio, un bambino di soli due anni di nome Kylen. La donna ha picchiato così forte il piccolo da causargli un'emorragia celebrale perchè, a suo dire, Kylen non avrebbe dovuto chiamarla con il nome della zia e non avrebbe dovuto urinare a letto.

Un altro esempio agghiacciante è quello del piccolo Bailey Smyth-Osborne. Bailey era un bambino di soli 19 giorni quando è stato trovato morto in casa nel dicembre del 2016 a Maidstone Crown Court, nel Kent. Ad essere accusati del decesso del piccolo sono stati i genitori, Marina Smyth di 21 anni e Michael Osborne di 22 anni. La motivazione principale della morte del piccolo Bailey è stata un’infezione molto grave causata dalla polmonite che lo affliggeva e che i genitori non hanno in alcun modo curato; quando l’uomo e la donna si accorsero che il bambino non respirava più ed era freddo chiamarono i soccorsi ed inevitabilmente furono accusati subito di grave negligenza. Fu però l’autopsia effettuata successivamente sul piccolo corpo del neonato che portò alla luce un’altra verità a dir poco agghiacciante; i medici scoprirono lividi sui genitali e sulla testa di Bailey, una gamba fratturata gravemente ed altre bruciature e ferite orribili. L’autopsia ha rivelato anche dei segni sul corpo del piccino sono stati inferti probabilmente con un’arma contundente nelle 48 ore precedenti alla sua morte.