Nel pomeriggio di martedì scorso un dipendente dell'Eni ha rischiato la vita dopo aver bevuto dell'acqua minerale avvelenata con l'acido cloridrico. La vicenda è accaduta negli uffici dell'Eni situati a San Donato, alle porte della città di Milano.

Stando alle accuse, una donna di 52 anni, dipendente dell'Eni, avrebbe riempito una siringa con dell'acido cloridrico per poi svuotarne il contenuto in una bottiglietta d'acqua che un suo collega, un uomo di 41 anni, aveva lasciato aperta sulla scrivania.

L'uomo ha riportato delle escoriazioni alle papille gustative

Fortunatamente l'uomo ha capito subito che qualcosa non andava e sentendo un fortissimo bruciore alla bocca ha avuto la prontezza di non ingoiare quella che lui pensava fosse semplice acqua, sputando immediatamente tutto il liquido e riuscendo di conseguenza a non ingerire nemmeno una piccola dose di veleno. L'uomo, trasportato d'urgenza all'ospedale San Raffaele dagli operatori del 118, ha riportato delle lievi escoriazioni alle papille gustative, riuscendo a cavarsela con soli tre giorni di prognosi.

La donna è stata accusata di attentato omicidio e di molestie

La donna, che ha negato tutte le accuse, è stata arrestata dai carabinieri ed è stata accusata di atti persecutori e di tentato omicidio; nella sua borsa è stata ritrovata una siringa ed una bottiglietta di plastica con sopra scritto con il pennarello rosso "AA" e contenente una sostanza caustica compatibile con l'acido utilizzato per avvelenare il collega.

Dalle indagini degli inquirenti è emersa una storia di depressione e di rancore da parte della cinquantaduenne verso i colleghi tanto che sembra sia stata sempre lei l'artefice di un ulteriore misfatto ai danni di un'altra dipendente dell'Eni, una collega di 35 anni che, poco tempo prima, sporse denuncia contro ignoti per aver ritrovato la propria auto e la porta della propria abitazione macchiate con della vernice spray e per aver ricevuto anche delle telefonate anonime e minatorie; anche il collega avvelenato ha successivamente raccontato di aver ricevuto chiamate di quel tipo.

Gli investigatori, con a capo il tenente Valerio Azzone, hanno scoperto, anche grazie alla collaborazione dell'Eni, che la provenienza delle telefonate persecutorie e minatorie ricevute sia dall'uomo che dalla donna trentacinquenne, risale direttamente alla collega molestatrice dei due.