Negli ultimi giorni, inevitabilmente, non si fa altro che parlare dell'immane tragedia accaduta a Genova col crollo del ponte Morandi che ha causato la morte di decine e decine di innocenti. Gli strascichi del disastro, mentre si continua a scavare per cercare di riportare per quanto possibile il sereno, si ripercuotono sulla viabilità e sui cittadini del luogo. Nel frattempo, però, continuano ad emergere retroscena sulla vicenda secondo cui chi avrebbe dovuto effettuare i controlli di manutenzione e chi era incaricato della gestione del ponte era a conoscenza delle condizioni di degrado in cui versava il tratto autostradale.
Il verbale di febbraio 2018 conferma: Ministero e Autostrade erano a conoscenza delle condizioni del ponte
A rivelarlo è un'inchiesta portata avanti da Fabrizio Gatti de L'Espresso, il quale ha preso visione del verbale della riunione in cui il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova aveva dato l'obbligatorietà alla ristrutturazione dopo il progetto presentato dalla società Autrostrade per l'Italia. Il documento in questione, quindi, dimostrerebbe come il Ministero delle Infrastrutture, la società dei Benetton Autostrade per l'Italia, il Provveditorato e la Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali sapevano che la corrosione del ponte Morandi era rilevante. L'Espresso, infatti, scrive che almeno sette tecnici erano a conoscenza della grave situazione alle pile 9, che è quella venuta giù nell'incidente causando la morte di 43 persone, e 10.
Dubbi sulla resistenza del calcestruzzo
C'era stata una riduzione fino al 20% dei cavi metallici interni che dovevano sostenere l'imponente struttura. Proprio per questo, all'interno del progetto per la ristrutturazione, erano stati sollevati dei dubbi sulla resistenza del calcestruzzo utilizzato ma, nonostante ciò, il Ministero e Autostrade per l'Italia non hanno preso alcun provvedimento per tentare di limitare le sollecitazioni del ponte fino a che i lavori sarebbero partiti.
Il crollo del ponte Morandi di Genova, quindi, potrebbe non essere stato del tutto una casualità e, tra le persone che hanno firmato il documento, ci sono anche il provveditore, l'architetto Roberto Ferrazza e il professore di ingegneria universitario, Antonio Brencich. Quest'ultimo, già negli anni precedenti al disastro, aveva parlato delle condizioni del cavalcavia sollevando a proposito diversi dubbi.