Soltanto l’autopsia potrà dare certezze. Ma quel corpo martoriato che i Carabinieri hanno trovato sotto pochi centimetri di terra, nelle campagne di Ghilarza, è proprio il corpo di Manuel Careddu. Ucciso brutalmente dai suoi cinque “amici” lo scorso 11 settembre, sulle rive del Lago Omodeo, a diversi chilometri da dove è stato ritrovato. Nelle indagini però c’è una sorta di colpo di scena. Gli investigatori dei Carabinieri sono infatti convinti che ci sia anche una sesta persona, coinvolta nel brutale omicidio di Manuel Careddu. Un giovanissimo, anche lui, che avrebbe probabilmente partecipato al seppellimento del corpo senza vita.

Sicuramente il sesto uomo era con i cinque il giorno dopo e probabilmente anche al bar dopo il delitto: viene infatti “intercettato” dalla microspia piazzata dai Carabinieri nell’auto del padre di Christian Fodde, che con Riccardo Carta, Matteo Satta e i due diciasettenni, una ragazza e un giovane di origini rumene, avrebbero messo in atto questo atroce delitto. La banda dei cinque è già in carcere dalla scorsa settimana ma le indagini – che sono coperte dalla massima riservatezza – continuano e ci saranno sicuramente delle sorprese.

Il sesto giovane della banda

Nell’inchiesta sulla morte di Manuel Careddu ora entra anche un’altra persona, già identificata dai Carabinieri. Il giovane compare infatti anche nell’ordinanza di fermo – messa nero su bianco dai giudici – che ha portato il gruppetto in carcere.

La sua voce viene infatti intercettata dalla microspia presente nella Punto del padre di Fodde, l’auto utilizzata per il delitto. Le sue prime parole vengono intercettate mentre parla proprio con Christian Fodde. I due – secondo i Carabinieri – parlano mentre vanno con ogni probabilità nel terreno dove poi verrà nascosto il corpo senza vita del povero Manuel.

Al sesto uomo infatti è scappata una confidenza: “Non ho ancora realizzato”, si legge nelle carte. Ed è proprio questa frase che mette in allerta i Carabinieri. Che cosa vuol dire? Ammette di aver partecipato al brutale delitto? Oppure solo all’occultamento del corpo o degli attrezzi utilizzati per uccidere? Queste sono domande che avranno a breve delle risposte certe, assicurano i Carabinieri.

Mentre nel frattempo, con ogni probabilità, domani mattina all’ospedale San Martino di Oristano, sarà eseguita l’autopsia che potrà dare ulteriori certezze. Cosi come l’esame del Dna che è stato affidato ad un esperto che arriverà dalla Penisola. Il corpo del povero ragazzo è rimasto sepolto sotto un cumulo di terra per cinque settimane.

Lo sfogo della mamma di Manuel

“Sono delle belve e non meritano pietà”. Fabiola Baldi, la mamma di Manuel, è un fiume in piena: “Manuel era ancora un bambino – ha detto ai giornalisti la donna – cosa avevano in testa quelle belve? Hanno ucciso un loro coetaneo e senza nessuna pietà. Manuel non era coinvolto in storie troppo belle, è vero, ma voi l’avete ucciso senza pietà e non meritate nessun rispetto.

Combatterò fino alla fine dei miei giorni per avere giustizia. Bestie”.

La ferocia inaudita ha infatti fatto scatenare il gruppo che – secondo quanto accertato dalle indagini – avrebbe prima sfondato il cranio del giovane con una pala o una piccozza. E poi avrebbe pure provato a farlo a pezzi con una motosega, quella ritrovata nel cofano dell’auto.