Troppo occidentale anche da morta. Non ha pace neppure nell'aldilà Hina Saleem, la pakistana di 20 anni diventata simbolo della ribellione femminile a proibizioni, integralismo religioso, e alla cultura patriarcale. Dodici anni fa a Ponte Zanano di Sarezzo, in provincia di Brescia, è stata sgozzata per motivi di 'onore' da suo padre Mohammed Saleem. Ai suoi occhi era 'colpevole' di vivere all'occidentale, di essere troppo libera e intraprendente.

Nel cimitero Vantiniano di Brescia, dove è sepolta, un anonimo benefattore ha donato lo scorso giugno una lapide.

Ora il fratello maggiore Suleman, diventato il capofamiglia dopo che il padre è stato condannato a 30 anni di carcere, ha tolto la foto della sorella dalla tomba perché troppo poco coperta.

Leva la foto dalla lapide della sorella uccisa dal padre

Non ha avuto pace in vita e non la trova neanche da morte Hina Saleem. Uccisa nel corpo, viene nuovamente uccisa nello spirito. Il fratello di 26 anni, infatti, ha rimosso una foto, presente sulla tomba della ragazza. Nell'immagine la ragazza appariva con una canottiera rosa scollata, pancia e spalle scoperte, capelli ricci neri e sciolti. Un benefattore bresciano, che è voluto rimanere anonimo, lo scorso giugno, al posto di una lapide spoglia che era nascosta da erbacce, ha fatto costruire una lapide in marmo.

Secondo il fratello, quella foto non era rispettosa e doveva essere sostituita con una 'più adeguata e decorosa'. Evidentemente ha recepito le 'sollecitazioni' della comunità pakistana di Brescia che, a giugno, aveva chiesto l'immediata rimozione dell'immagine. Secondo la comunità la foto avrebbe dovuto essere rimossa perchè la religione musulmana non ammette foto dei defunti.

Suleman, però, ha sostenuto di aver preso la decisione di rimuovere la foto autonomamente, dopo essersi consultato con i parenti. Ha ringraziato il benefattore perché la famiglia non avrebbe mai potuto permettersi una lapide: 'In casa siamo in quindici tra adulti e bambini e lavoriamo solo io, che faccio il corriere, e mia madre che fa la cucitrice'.

Nonostante ciò, la sua idea non è cambiata: anche nelle chiese bisogna essere vestiti in maniera decorosa.

Hina, integrata nella società italiana, aveva uno stile di vita opposto a quello che il padre voleva imporle: viveva all'occidentale, aveva un fidanzato italiano con cui conviveva, lavorava in una pizzeria. Già dopo sua la morte, c'era stato un contenzioso perché la famiglia voleva portare la salma in Pakistan, mentre il convivente voleva fosse sepolta a Brescia, come poi è stato.

Hina Saleem, uccisa dal padre con la complicità dei parenti

Il caso è impresso nella memoria collettiva. Nell'estate 2006, Hina è stata portata, con un pretesto, nella casa paterna di Ponte Zanano di Sarezzo, mentre la madre e gli altri cinque tra fratelli e sorelle erano in vacanza in Pakistan.

Da quella casa la ragazza non ne è uscita viva: è stata uccisa dal padre con 20 coltellate, infine sgozzata. Subito dopo sepolta, con la complicità di altri tre parenti maschi, nell'orto di casa con la testa rivolta verso La Mecca.

L'omicidio è stato scoperto quasi subito perché il fidanzato, insospettito del silenzio di Hina, è andato a cercarla nella casa paterna, scoprendo la sepoltura appena fatta. Il processo si è concluso con la condanna del padre a 30 anni per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e da motivi abietti, e distruzione di cadavere. Diciassette anni, invece, per lo zio e i cognati complici.

La Cassazione l'ha considerato un delitto innescato non dall'integralismo religioso, ma da un patologico e distorto rapporto di possesso parentale. Bushra, la madre di Hina, ha già perdonato il marito. Lo considera 'un brav’uomo che ha sbagliato in un momento di rabbia' perché sua figlia 'non era una brava musulman'.