Dal paese di Corleone in Sicilia al bistrot parigino 'Corleone' by Lucia Riina il passo pare sia stato breve. La 'vita nuova' dell'ultimogenita di Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra, comincia al centro di Parigi dove ha appena aperto un ristorante dal nome inequivocabile che rimanda immediatamente all'ex 'feudo' siciliano del boss. Una vita nuova, a metà, bocciata dal sindaco del paese.

Ristorante a Parigi, una 'svolta' con chiari richiami

Di Lucia, 39 anni, ultimogenita di Totò Riina, soprannominato 'U curtu', per la bassa statura, ma anche 'La Belva' per la consuetudine di sciogliere nell'acido persino i bambini, era noto che faceva la pittrice e per scelta anche dopo la morte del padre avvenuta 7 novembre 2017 ad 87 anni nel reparto detenuti dell'ospedale Maggiore di Parma, era rimasta a Corleone con il marito, Vincenzo Bonomo, e la madre Ninetta Bagarella, da tutti chiamata 'la signora' per rispetto.

E invece, oggi la si ritrova a Parigi, in pieno centro, dove al numero 19 di Rue Daru, una via non lontana dall'Arco di Trionfo e dal leggendario Lidò, cabaret famoso in tutto il mondo per le ballerine, c'è il suo ristorante. Fin dal nome scelto, 'Corleone by Lucia Riina', il richiamo alla propria storia è evidente. Il locale promette di servire specialità dell'autentica cucina siciliana ma anche italiana, da scoprire in un ambiente elegante ed accogliente. Sopra la facciata in legno con delle vetrate, c'è una tenda verde in cui campeggia la scritta 'Corleone' e quindi la firma autografa di Lucia, la stessa che utilizza nei suoi quadri, quindi uno stendardo con lo stemma del paese: un leone rampante che stringe un cuore.

Tutto questo accade proprio mentre lo Stato ha notificato alla famiglia Riina una cartella esattoriale di circa 2 milioni di euro per le spese sostenute per il mantenimento per 24 anni in carcere del boss al 41 bis. Anche se, in effetti, l'obbligazione non si trasmette agli eredi, e non è chiaro perché sia stata inviata alla famiglia.

La proprietà del locale sarebbe di 'Luvitopace', società francese per azioni con un capitale sociale di appena mille euro e il cui presidente è Pierre Duthilleul. Questa società avrebbe affidato la gestione a Lucia Riina e al marito Vincenzo Bellomo, conosciuto e sposato nel 2008 a Corleone dove faceva il rappresentante di prodotti vinicoli e alimentari.

Chi lavora nel bistrot, però non ha molta voglia di parlare: l'Ansa ha provato a fare qualche domanda, ma chi ha risposto a telefono, ha detto di non poter fornire informazioni. D'altra parte, Lucia Riina si è appellata al rispetto della privacy e ha detto che non rilascerà interviste.

Lucia Riina, da Corleone a Parigi

L'ultima volta che la stampa si era occupata di lei, era stato nel 2017. Il comune di Corleone era stato sciolto per mafia ed era retto da tre commissarie prefettizie quando Lucia, dichiarandosi nullatenente, fece richiesta di un bonus bebé, ovvero l'assegno mensile previsto per genitori con reddito minimo, a favore della figlia che ora ha due anni e mezzo, ma la domanda fu respinta.

Così come quella presentata da suo marito. Un'altra volta si rivolse all'Inps, sempre senza esito.

Un caso simile è esploso in questi giorni a Corleone dopo che Maria Maniscalco, moglie del capomafia Rosario Lo Bue, oggi detenuto, aveva fatto richiesta ai Servizi del Comune per accedere al reddito di inclusione dichiarandosi indigente. Vicenda ora al vaglio del neo sindaco, Nicolò Nicolosi, che ha bloccato la pratica. Da parte sua, Lucia Riina incassò il 'rifiuto' con grande livore. Su Facebook scrisse che avrebbe chiesto al presidente della Repubblica la revoca della cittadinanza italiana per lei, il marito, ma anche per la figlia "così sarà chiaro al mondo intero come l'Italia politica e mediatica tratta i suoi figli, perché sono brutti, sporchi e cattivi".

E invece ora la famiglia è a Parigi lontana da Corleone, eccetto usarne il nome sia pure solo come strategia di marketing. Ma Nicolosi si ribella: "Non è ammissibile - dice - che chi ha massacrato Corleone, contribuendo a marchiarla in maniera infame, oggi possa usare il nome del Paese per trarne vantaggio economico".