Filmare con il proprio smartphone la vicina di casa sotto la doccia è lecito. L'importate è che il bagno sia privo di tende alla finestre. A deciderlo è stata la terza sezione penale della Cassazione che, nei giorni scorsi, ha assolto Simone R. un 37 anni residente in provincia di Milano in quanto "Il fatto non sussiste". La sentenza, destinata a far discutere, certamente farà giurisprudenza.

Il caso

Simone R. è finito davanti ai giudice della Cassazione perché con il suo telefonino, un normale smartphone, aveva ripreso una giovane donna intenta a farsi la doccia.

L'uomo, che ha scattato le foto dall'abitazione della madre - proprio di fronte al bagno della "vittima" - è stato denunciato per violazione della privacy ed e è finito a processo (che si è svolto con rito abbreviato).

I giudici del Tribunale di Busto Arsizio, prima, e della Corte di Appello di Milano, in seguito, lo hanno condannato a due mesi e 15 giorni di reclusione in quanto riprendere (con foto e/o video) una persona che si trova nel bagno di una privata abitazione è considerato una condotta punibile ai sensi dell'articolo 615 bis del codice penale. Simone R, però, ha impugnato la sentenza e ha fatto ricorso in Cassazione e, stavolta, gli Ermellini di piazza Cavour hanno ribaltato il precedente verdetto.

Il fatto non sussiste

I giudici della terza sezione penale della Corte suprema di cassazione hanno assolto il 37enne perché "Il fatto non sussiste". Non si è, infatti, condannabili per il reato previsto dall'art 615 bis del c.p. (interferenza illecita nella vita privata) se la persona che viene ripresa (o fotografata) non si è sottratta in maniera adeguata agli occhi indiscreti mettendo, ad esempio, delle tende alle finestre di casa.

Il bagno della donna, hanno osservato i giudici - era sprovvisto di tende e proprio questo dettaglio, ignorato negli altri gradi di giudizio, ha di fatto assolto l'imputato. Nella sentenza n. 372, i togati hanno precisato inoltre che l'uomo non ha utilizzato alcun particolare accorgimento per riprendere la "persona offesa" e che, anche per questo, deve cadere la "configurabilità del reato".

Non sarebbero, infatti, stati ripresi comportamenti propri della vita privata sottratti - per mancanza delle tende - alla normale osservazione dall'esterno.

Comunque, il 37enne, finirà in carcere lo stesso in carcere in quanto la sentenza ha confermato, in via definitiva, la condanna per altri gravi capi d'imputazione (tra cui atti sessuali nei confronti di una bimba) e dovrà scontare 2 anni, 6 mesi e 10 giorni di reclusione.