E' finita tragicamente la vita di Giuseppe Siino, figlio 47enne di Angelo, boss dei 'Corleonesi', poi pentito per diventare uno dei più rilevanti collaboratori di giustizia. Ma questa storia 'maledetta' non avrebbe nulla a che fare con fatti di cosche e criminalità organizzata.
Il figlio del boss si è suicidato sabato nella sua abitazione in provincia di Padova con un colpo di pistola dopo una lite con la moglie. Nessuna storia di mafia dunque: in base a quel che è stato ricostruito finora, era violento da anni con la consorte e armato oltremisura.
In casa aveva 104 armi: con una di esse si è sparato il colpo mortale.
Vita sotto protezione e violenza domestica
Una nuova vita finita in tragedia. Dopo il pentimento del padre definito addirittura 'il ministro dei Lavori Pubblici di Cosa Nostra' per quanto era influente nel mondo degli appalti, Giuseppe Siino era andato via per sempre da Palermo con la famiglia. Aveva voltato pagina dopo essere entrato nel programma di protezione per sottrarsi al potenziale pericolo di ritorsioni e vendette da parte di Cosa Nostra. Viveva con un nuovo nome a San Michele delle Badesse, frazione del comune di Borgoricco, in provincia di Padova. Ma se la sua storia individuale si era separata da quella di Cosa Nostra, era da molto tempo all'insegna della violenza domestica e dei maltrattamenti familiari, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti.
Sabato scorso tra le mura dell'abitazione in provincia di Padova, si è consumato l'ultimo episodio di violenza. Sulla base di quel che è emerso dalle indagini, il giorno prima della tragedia l'uomo avrebbe scoperto una relazione extraconiugale della moglie. Siino l'ha picchiata raggiungendola in bagno mentre era nella doccia e fratturandole il naso contro il lavandino.
La donna 40enne, ha preso il figlio di quattro anni ed è scappata per andare a a rifugiarsi nell'abitazione dei vicini.
Tragedia e scoperta di un arsenale in casa di Giuseppe Siino
Una volta dai vicini, la donna gli ha chiesto di chiamare i carabinieri. Nell'attesa dell'arrivo dei militari, un vicino è entrato in casa della coppia con l'obiettivo di cercare di parlare all'uomo per convincerlo a calmarsi.
Invece l'ha trovato a terra morto, ucciso da un colpo di pistola che impugnava. Si era sparato alla testa. La donna ha raccontato che in passato era già stata vittima di violenze da parte del marito, ma non aveva mai trovato il coraggio di denunciarlo. E quando stava per farlo, era ormai troppo tardi.
Il suicidio non avrebbe nulla a che vedere con la particolare condizione familiare di un pentito e questa sarebbe purtroppo una delle tante 'storie maledette' di violenza tra le mura domestiche. Solo che stavolta il finale è stato diverso: non è stata uccisa la vittima, ma si è suicidato il responsabile della violenza. Per il pm, la dinamica dell’accaduto è talmente chiara che non ha ritenuto necessario inviare il medico legale sul luogo.
L'elemento più anomalo della drammatica vicenda, su cui peraltro nel più stretto riserbo degli inquirenti sono scarne le informazioni, è un oscuro retroscena. Nell'abitazione è stato trovato un arsenale di armi, ben 104, e tutte intestate alla donna. Ora sono oggetto di indagine anche per chiarirne non solo la provenienza.