Depezzata 'chirurgicamente', disarticolata, scarnificata, dissanguata, lavata con la candeggina: cosa non è stato fatto al povero corpo martoriato della giovane romana, appena 18enne, pamela mastropietro. Infine, è stato messo in due trolley e ritrovato il 30 gennaio 2018 lungo una strada provinciale di Macerata.
A poco più di un anno distanza dal feroce crimine che ha sconvolto l'Italia, stamattina davanti alla Corte d'Assise del tribunale di Macerata si è aperto il processo a carico di un unico imputato. Si tratta del pusher nigeriano Innocent Oseghale, accusato di violenza sessuale, omicidio, distruzione, occultamento e vilipendio di cadavere.
Pamela Mastropietro, prima udienza in Corte d'Assise
'Giustizia per Pamela' e 'Pamela vive': all'arrivo al tribunale dei familiari della ragazza barbaramente uccisa un anno fa, alcune persone che esibivano due striscioni, hanno fatto volare palloncini tricolore a forma di cuore. "Ci aspettiamo la condanna di Oseghale al massimo della pena possibile", ha detto Alessandra Verni, la mamma di Pamela, che in aula indossava una maglietta con la foto della ragazza.
Il processo si è aperto tra qualche tensione. Il questore, Antonio Pignataro, aveva vietato per ragioni di sicurezza il sit in di amici e familiari arrivati da Roma, all'ingresso del tribunale per consentirlo ad alcuni metri di distanza. Per questo, indignati, alcuni sono entrati direttamente in aula.
L'udienza sarà la prima di una lunga serie, il processo si annuncia complesso: dovranno essere acquisite le testimonianze di una cinquantina di persone. Sempre per motivi di sicurezza, Umberto Gramenzi e Simone Matraxia, difensori di Oseghale, sono stati fatti accedere da un'entrata di sicurezza. I legali, in fase di udienza preliminare, avevano chiesto per l'assistito il rito abbreviato che gli avrebbe consentito lo sconto di un terzo della pena, ma il gup non l'ha concesso.
Marco Valerio Verni, zio di Pamela e legale della famiglia, ha detto che, pur essendo Oseghale l'unico imputato, sembra improbabile che possa aver fatto tutto da solo. Secondo quanto emerso dalle carte processuali, vanno considerati altri aspetti della vicenda, quali un'eventuale implicazione della mafia nigeriana. La criminologa Roberta Bruzzone, consulente della famiglia Mastropietro, ha inoltre aggiunto che sul banco degli imputati dovrebbe esserci non solo Oseghale: ci sono state persone che hanno approfittato della ragazza da quando si è allontanata dalla comunità.
L'imputato Innocent Oseghale
Al suo arrivo, scortato dalla polizia penitenziaria, il pusher nigeriano è stato accolto dagli insulti della folla radunata davanti il palazzo di Giustizia. In aula, quasi faccia a faccia con i familiari di Pamela, l'uomo accusato di aver massacrato la ragazza appena 18enne, ha tenuto gli occhi bassi. Ha ammesso di aver occultato il corpo, ma non di averla uccisa. "Voglio pagare, ma solo per ciò che ho fatto, non per ciò che non ho commesso", ha detto Oseghale tramite l'avvocato Simone Matraxia. Secondo la procura di Macerata, Pamela è stata uccisa a coltellate. La difesa sostiene che la morte della ragazza sia stata causata da intossicazione acuta da stupefacenti e i segni delle coltellate sarebbero invece da attribuire al tentativo di sezionamento del cadavere.
I fatti
Il 29 gennaio 2018, Pamela si allontana dalla comunità di recupero Pars di Corridonia, in provincia di Macerata, dove stava cercando di risolvere problemi di tossicodipendenza. Il giorno dopo, viene trovato sul ciglio della strada, in località Pollenza il corpo smembrato ripartito in due trolley.
Le indagini conducono a Innocent Oseghale: nella sua abitazione di via Spalato a Macerata, vengono trovati i vestiti della vittima sporchi di sangue, tracce ematiche, lo scontrino di una farmacia dove Pamela aveva comprato una siringa. Altri due nigeriani, Desmond Lucky e Lucky Amelia, fermati con l'accusa di omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere in concorso con Oseghale, vengono poi scagionati perché la tesi accusatoria nei loro confronti si smonta. Attualmente sono detenuti: devono scontare rispettivamente sei e otto anni per spaccio.