"Mi sono sacrificato per l'Africa": sicuro di sé, lucido e irremovibile, Ousseynou Sy, il 46enne cittadino italiano d'origine senegalese che mercoledì a Crema ha sequestrato uno scuolabus con 51 alunni, tutti salvi, e ha minacciato una strage, non mostra alcun segno di pentimento né di ravvedimento.

Da due giorni recluso nel carcere milanese di San Vittore, non è stato il 'benvenuto': gli altri detenuti l'hanno accolto con lanci di uova e arance perché il codice non scritto dei reclusi non perdona chi tocca i bambini. Per questo, dopo una notte da incubo, è stato trasferito in una sezione protetta.

Oggi è previsto l'interrogatorio per la convalida del fermo.

Ousseynou Sy, in carcere trasferito nel reparto protetti

La sua prima notte nel carcere di San Vittore, dove è arrivato mercoledì alle due di notte dopo la tentata strage della mattina, per sua esplicita ammissione premeditata da tempo, è stata un incubo. L'uomo, alto un metro e novanta che, dopo essere stato bloccato dai carabinieri sulla strada provinciale Paullese, alle porte di Milano, non ha mostrato segni di cedimento emotivo, è rimasto calmo durante le operazioni di fotosegnalamento, e in seguito quando è stato portato all'ospedale Niguarda per medicare la mano ferita nel dare fuoco al bus, ha invece avuto paura al suo arrivo in carcere perché sapeva che i detenuti volevano dargli una lezione.

Sy è tornato calmo l'indomani, quando la direzione del penitenziario ha deciso di trasferirlo dal quinto raggio nel reparto, sorvegliato a vista, dei protetti: una sezione in cui vengono alloggiati i molestatori e i detenuti che hanno compiuto reati contro donne e bambini.

Ousseynou Sy, l'odio contro i bianchi

Nella sua cella, dotata di tv, doccia, un armadio a muro sospeso, ma priva di fornelletto per evitare che i reclusi tentino il suicidio, ha ribadito con orgoglio le ragioni del suo gesto a un politico che, secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, è andato a fargli visita.

Del suo atto pianificato da tempo, non ritiene di dover chiedere scusa a nessuno: si è sentito investito da una missione. Sequestrando i 51 alunni della scuola media Vailati, voleva dare un segnale all'Africa e impedire agli africani di venire in Europa.

Ousseynou Sy, altrimenti detto Paolo dai conoscenti di Crema, non si considera un terrorista e tantomeno un kamikaze.

Il suo è stato un atto politico, dettato esclusivamente dalla sua libera scelta di opporsi all'Occidente e alle politiche migratorie italiane: lo aveva in mente da tempo, ma dopo aver visto in tv le immagini della nave Mar Ionio a cui inizialmente è stato impedito lo sbarco (ma poi è attraccata a Lampedusa), ha deciso di agire. La ragione è l'odio contro i bianchi che hanno invaso e colonizzato l'Africa, per poi respingere e fare morire in mare i migranti.

Ai bambini che aveva sequestrato non pensa, e nemmeno ai suoi figli di 12 e 18 anni avuti da una moglie italiana da cui ha divorziato, convinto che un giorno capiranno. Ad Alberto Nobili, coordinatore del pool antiterrorismo della Procura che lo ha interrogato con il pm Luca Poniz, ha detto che quei bambini dovevano fare da scudo per garantire il suo arrivo all'eroporto di Linate, da dove sarebbe tornato in Senegal "in modo clamoroso", facendo parlare di sé il mondo intero.

Aveva messo in conto di poter finire in carcere e, in un'arringa difensiva anticipata, ha detto che l'incendio del bus è partito dopo essere stato speronato dall'auto dei carabinieri e non era voluto: l'accendino che aveva in tasca sarebbe stato rotto. Sy deve rispondere di sequestro di persona, incendio, tentata strage con l'aggravante terroristica.

Attentatore al telefono con i carabinieri

La Procura di Milano ha detto e ribadito che l'uomo ha agito da solo, non è collegato ad alcuna organizzazione terroristica. Pochi giorni prima aveva acquistato due taniche di benzina e le fascette da elettricista con cui ha ordinato ai professori sullo scuolabus di legare i bambini.

Oltre alle telefonate dei piccoli eroi Rami e Adam, che si sono ribellati al dirottatore salvando tutti, gli inquirenti hanno la registrazione di Sy che al telefono detta ai carabinieri le sue condizioni: sulla pista di Linate non deve esserci nessuno nell'arco di due chilometri, non devono sparare al pullman pieno di gasolio.

L'attentatore poco prima aveva costretto un professore a chiamare il 112 a cui ha riferito: "I bambini sono legati, lui ha in mano un accendino, minaccia di dare fuoco a tutto". Grazie alla prontezza e forza d'animo di due alunni questa storia è finita bene.