Una assurda violazione di privacy è quella che vede protagonisti circa 1.600 clienti di diversi hotel sparsi in Corea del Sud. Le persone venivano filmate attraverso apposite telecamere nascoste e poi i video venivano divulgati in streaming su una piattaforma a pagamento. Ad essere coinvolti sono vari hotel di circa 30 diverse città e le stanze incriminate sono 42.

La piattaforma e i colpevoli

Uno streaming non consensuale di persone ignare di essere le protagoniste di video divulgati in rete con degli spettatori abbonati e paganti. La piattaforma offriva anche diverse possibilità di acquisto, in particolare, per i 94 utenti che spendevano circa 45 dollari (circa 50 euro) mensili, c’era la possibilità di rivedere le registrazioni.

Ma non erano i soli, poiché la piattaforma stava ormai riscuotendo un certo successo, fino ad avere circa 4.000 iscritti al sito con una libreria video in continuo aumento che vantava fino ad oggi circa 803 video di 1.600 persone, che fruttavano un guadagno di 7 milioni di won (circa 6.200 dollari) per i proprietari. I protagonisti ovviamente erano ignari di essere filmati anche perché le telecamere nascoste erano impiantate in posti impensabili, come gli asciugacapelli, prese elettriche e televisori. Venuta a conoscenza del fatto, la polizia coreana ha agito tempestivamente e due uomini sono già stati arrestati mentre altri due sono indagati. Resta ancora in discussione la colpevolezza dei proprietari dei vari hotel poiché ad oggi essi risultano innocenti e ignari di ciò che accadeva nelle varie stanze.

Altri casi e relative misure

L’episodio in questione purtroppo non resta un caso isolato, poiché frequentemente nella Corea del Sud si sentono casi di persone che vengono filmate senza il loro consenso. Nel 2017 sono stati segnalati oltre 6.400 casi di filmati non consensuali che ignorano completamente la privacy dei coreani.

Le proteste ovviamente non sono mancate, infatti nel 2018 un gesto più incisivo si è avuto nelle piazze di Seoul. Migliaia di donne scesero nella piazza principale per protestare contro questi atti ignobili portando con sé striscioni e un motto che recitava “My Life Is Not Your Porn” ovvero “la mia vita non è un tuo porno” alludendo alla somiglianza tra i siti a luci rosse e le piattaforme di streaming in questione.

Il Governo ha preso provvedimenti incaricando delle ispettori donne per controllare circa 20.000 bagni in tutta la capitale alla ricerca di telecamere nascoste, ma nonostante ciò, molti cittadini ritengono che tali misure non siano ancora sufficienti per risolvere questo grave problema.